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Ci hanno okkupato lo Spazio! 0. La scoperta
Kurt Lewin è una
scoperta recente. 1. Spazio "Per
comprendere il comportamento, la persona e il suo ambiente devono
essere concepiti come un'unica costellazione di fattori interdipendenti"
Kurt Lewin Lo spazio mi è
apparso subito un'intuizione concettuale moderna e geniale, per
"dire" la soggettività (individuale e collettiva) e come
essa possa evolvere in relazione alle opportunità di accesso a certe
cose, a certe persone, a certe attività. La vita come processo,
incrocio di azioni/reazioni, dove lo spazio e il pulsare delle frontiere
tra soggetto e mondo, sono condizioni e misure del suo (della vita)
essere possibile. Mondo che non è un dato di fatto, bensì una percezione
dinamica di un'atmosfera, "fondamento" di tutte le azioni
e situazioni specifiche. Mondo che è il contesto generale all'interno
del quale si producono le costellazioni di avvenimenti e storie,
individuali e collettive. La realtà è costruita
a partire dallo spazio: lo spazio è l'humus all'interno del quale
la totalità dinamica di eventi o azioni si attualizza. E la possibilità
di influenzamento di questa realtà sta nella percezione del proprio
(di individui e collettività) movimento libero. Movimento (fisico)
del corpo, ma soprattutto, movimento sociale(relazionale) e mentale
(psicologico). Lo spazio di movimento
libero di una persona o di un gruppo sociale può rappresentarsi
come uno spazio circondato da altri spazi accessibili
o meno. Due (secondo Lewin)
sono i fattori che impediscono l'accessibilità ai/tra gli
spazi. Uno è la mancanza di abilità, l'altro è la proibizione sociale.
E due sono i modi
di transizione (influenza) tra gli spazi: graduale e improvvisa.
La loro praticabilità dipende dalla rigidità/permeabilità delle
frontiere tra gli spazi. Pensando all'oggi
come non vedere che mancanza di abilità e proibizione sociale non
sono altro che due facce della stessa medaglia. L'umanità cosiddetta
evoluta sembra avere fondato il proprio spazio di vita sulla mancanza
(bisogno), piuttosto che sull'espansione (desiderio), di abilità
(relazionali, ma anche di pensiero). E viceversa questo mondo di
divieti e proibizioni rappresenta un sistema quasi perfetto di restituzione
delle nostre inadeguatezze, paure, sragioni. Come se la soggettività
si sia cristallizzata, senta le frontiere come confini e
lo spazio come un portatore di un'angoscia da fuggire piuttosto
che di una libertà da costruire. E questo è davvero
strano. Nel periodo della
storia umana nel quale lo sviluppo della tecnica ha avuto la sua
massima accelerazione, l'espansione della vita sociale e psicologica
ha visto la sua massima decelerazione. Le soggettività (individuale
o collettiva) senza spazio vitale non trovano più senso nella ricerca
di nuovi modi di convivenza e socialità. Sembrano così
prevalere, nella nostra civiltà, il senso di morte e le sue forme
più arcaiche di esorcizzazione: l'economia del denaro e l'aggregazione
sociale come difesa dall'angoscia. 2. Denaro La
felicità è la realizzazione differita di un desiderio preistorico.
Ecco perché la ricchezza da così poca felicità: il denaro non è
un desiderio infantile (S. Freud, Origini della psicoanalisi).
L'umanità ne ha
fatto il cuore della propria coscienza alienata. L'economia del
denaro ha ridotto e riduce gli impulsi dellessere umano allingordigia
e alla concorrenza (aggressività e possessività). Da cui la sostituzione
della totalità dinamica di libero movimento della natura umana con
unastrazione, lhomo economicus. In questa natura umana
disumanizzata, luomo perde le proprie abilità: il contatto
con il proprio corpo, con i propri sensi e con il principio del
piacere dell'incontro con l'Altro. D'altro canto
il denaro ha a che fare con il potere e la proprietà. E la categoria
potere è una categoria psicologica, descrive la possibilità di accedere
ad altro da sé, poterlo influenzare, modificare e così facendo farsi
influenzare e modificare. Mentre leconomia
arcaica era retta dalla regola del donare e del condividere (l'agorà
come spazio del dono) e luomo arcaico dona perché vuole perdere
perché l'altro ha a che fare con il Sacro; l'uomo economicus possiede
e rimane posseduto dal simulacro del dono e della relazione, la
moneta. L'oggetto transizionale che avrebbe dovuto sostituire e
calmare l'ansia di separazione e la paura della morte, diviene demoniaca
possessione di corpo e mente. La transizione
dal dono al possesso e cioè dalla colpa condivisa nell'agorà allespiazione
individuale è compiuta dall'uomo moderno, che trasferisce nelle
cose il suo senso di potere. L'influenza è monetizzata, il potere
acquistato, la frontiera venduta. Lo spazio di vita è percepito
accessibile se e solo se acquistabile, monetizzabile, economicizzabile. 3. istituzione "Voi
non siete del Castello; Come ci insegnano
gli ultimi 50 anni del 2° millennio, quando lo spazio di libero
movimento viene scoperto, percorso, esplorato, il sentimento d'angoscia
che attanaglia l'umanità di fronte al possibile è ineluttabile.
La reazione si
dà, è l'argine e il confine allo spazio che desidera: dopo il'64,
la codificazione delle spinte rivoltose nella rappresentanza istituzionale,
dopo il'77, la rigidificazione delle norme di convivenza e la manipolazione
collettiva di beni di consumo, dopo l'89, l'omologazione globale
degli stili di vita e di produzione. Sembra che l'Uomo abbia paura
della libertà di movimento, degli spazi aperti di confronto e scambio,
del riconoscimento delle differenze e del conflitto. Sembra temere
sé stesso e l'Altro, nelle reazioni alle proprie azioni. Preferisce
che l'istinto sia istituzionalizzato, il desiderio normato, il diverso
proibito, l'ignoto vietato. Suggestiva
è la spiegazione psicoanalitica. Vi invito a rileggere Elliott
Jaques (1955!). Egli afferma che "uno dei più importanti
elementi di coesione che lega gli individui in associazioni umane
istituzionalizzate è quello di difesa contro l'ansia psicotica".
Gli individui esteriorizzano quegli impulsi interni che altrimenti
darebbero origine a un'ansia psicotica e li fanno confluire nella
vita delle istituzioni sociali di cui entrano a far parte. Ciò non
vuol dire che le istituzioni diventino psicotiche, ma che dobbiamo
aspettarci di trovare in esse manifestazioni di irrealtà, ostilità,
sospetto, e altre forme di comportamento disadattivo. Gli individui,
in altre parole, si servono inconsciamente di istituzioni associandosi
in esse e cooperando inconsapevolmente a rafforzare le difese interne
contro l'ansia e il rimorso. Illuminanti le
spiegazioni di Jaques, ma potremo anche dire che la tensione all'aggregazione
sociale dell'umanità risponde ad un regressivo modo di intendere
la libertà di movimento all'interno dello spazio di vita. La percezione
di non influenzare il mondo e la conferma di tale impotenza che
la vita quotidiana ci restituisce, consolidano i meccanismi di estraneazione
da sé e di delega ad un'autorità (vera o presunta, individuo o aggregato)
di decidere cosa è e cosa non è accessibile, influenzabile, modificabile.
E così le percezioni
dell'irraggiungibilità dei luoghi di decisione (politica e sociale),
dell'inafferrabilità del senso di norme che costringono il quotidiano
scorrere dell'esistenza, l'espropriazione delle libertà di pensiero
e riflessione (non omologate) si sono trasformate in convinzioni
e sentimenti profondamente interiorizzati. Tali convinzioni
e sentimenti motivano la ricerca ossessiva di ambiti collettivi
all'interno dei quali si possa vivere almeno per un momento per
un aspetto, il simulacro dell'autenticità della relazione. Meno abilità e
più proibizioni sociali accettate e invocate nell'illusione che
l'accumulazione e il possesso possano lenire il sentimento di impotenza
e colpa non più collettivamente condiviso, ma individualmente interiorizzato. Lars
Engel, giugno 2003 |