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Ci hanno okkupato lo Spazio!
Denaro e Istituzione simulacri senza Frontiere  

0. La scoperta 

Kurt Lewin è una scoperta recente.
Anche perché non ho mai perfezionato una carriera scolastica secondo le norme. L'università non era fatta per me. La laurea dunque un simulacro.
Passati i 40 anni ho iniziato un percorso di studio, autonomo, slegato da formalità e doveri istituzionali. E' così che ho incontrato Lewin. E' capitato per caso. Una recensione su un libro. La curiosità, il desiderio di conoscere, la voglia di capire meglio questo "viaggiatore dello spazio e del tempo". Comprendere il perché i suoi scritti mi trasmettevano suggestioni come altri in passato non avevano fatto.

1. Spazio

"Per comprendere il comportamento, la persona e il suo ambiente devono essere concepiti come un'unica costellazione di fattori interdipendenti" Kurt Lewin.

Lo spazio mi è apparso subito un'intuizione concettuale moderna e geniale, per "dire" la soggettività (individuale e collettiva) e come essa possa evolvere in relazione alle opportunità di accesso a certe cose, a certe persone, a certe attività. La vita come processo, incrocio di azioni/reazioni, dove lo spazio e il pulsare delle frontiere tra soggetto e mondo, sono condizioni e misure del suo (della vita) essere possibile. Mondo che non è un dato di fatto, bensì una percezione dinamica di un'atmosfera, "fondamento" di tutte le azioni e situazioni specifiche. Mondo che è il contesto generale all'interno del quale si producono le costellazioni di avvenimenti e storie, individuali e collettive.

La realtà è costruita a partire dallo spazio: lo spazio è l'humus all'interno del quale la totalità dinamica di eventi o azioni si attualizza.

E la possibilità di influenzamento di questa realtà sta nella percezione del proprio (di individui e collettività) movimento libero. Movimento (fisico) del corpo, ma soprattutto, movimento sociale(relazionale) e mentale (psicologico).

Lo spazio di movimento libero di una persona o di un gruppo sociale può rappresentarsi come uno spazio  circondato da altri spazi accessibili o meno.

Due (secondo Lewin) sono i fattori che impediscono l'accessibilità ai/tra  gli spazi. Uno è la mancanza di abilità, l'altro è la proibizione sociale.

E due sono i modi di transizione (influenza) tra gli spazi: graduale e improvvisa. La loro praticabilità dipende dalla rigidità/permeabilità delle frontiere tra gli spazi.

Pensando all'oggi come non vedere che mancanza di abilità e proibizione sociale non sono altro che due facce della stessa medaglia. L'umanità cosiddetta evoluta sembra avere fondato il proprio spazio di vita sulla mancanza (bisogno), piuttosto che sull'espansione (desiderio), di abilità (relazionali, ma anche di pensiero). E viceversa questo mondo di divieti e proibizioni rappresenta un sistema quasi perfetto di restituzione delle nostre inadeguatezze, paure, sragioni.

Come se la soggettività si sia cristallizzata, senta le frontiere come confini e   lo spazio come un portatore di un'angoscia da fuggire piuttosto che di una libertà da costruire.

E questo è davvero strano.

Nel periodo della storia umana nel quale lo sviluppo della tecnica ha avuto la sua massima accelerazione, l'espansione della vita sociale e psicologica ha visto la sua massima decelerazione. Le soggettività (individuale o collettiva) senza spazio vitale non trovano più senso nella ricerca di nuovi modi di convivenza e socialità.

Sembrano così prevalere, nella nostra civiltà, il senso di morte e le sue forme più arcaiche di esorcizzazione: l'economia del denaro e l'aggregazione sociale come difesa dall'angoscia. 

2. Denaro

“La felicità è la realizzazione differita di un desiderio preistorico. Ecco perché la ricchezza da così poca felicità: il denaro non è un desiderio infantile” (S. Freud, Origini della psicoanalisi). 

L'umanità ne ha fatto il cuore della propria coscienza alienata.

L'economia del denaro ha ridotto e riduce gli impulsi dell’essere umano all’ingordigia e alla concorrenza (aggressività e possessività). Da cui la sostituzione della totalità dinamica di libero movimento della natura umana con un’astrazione, l’homo economicus. In questa natura umana disumanizzata, l’uomo perde le proprie abilità: il contatto con il proprio corpo, con i propri sensi e con il principio del piacere dell'incontro con l'Altro.

D'altro canto il denaro ha a che fare con il potere e la proprietà. E la categoria potere è una categoria psicologica, descrive la possibilità di accedere ad altro da sé, poterlo influenzare, modificare e così facendo farsi influenzare e modificare.

Mentre l’economia arcaica era retta dalla regola del donare e del condividere (l'agorà come spazio del dono) e l’uomo arcaico dona perché vuole perdere perché l'altro ha a che fare con il Sacro; l'uomo economicus possiede e rimane posseduto dal simulacro del dono e della relazione, la moneta. L'oggetto transizionale che avrebbe dovuto sostituire e calmare l'ansia di separazione e la paura della morte, diviene demoniaca possessione di corpo e mente.

La transizione dal dono al possesso e cioè dalla colpa condivisa nell'agorà all’espiazione individuale è compiuta dall'uomo moderno, che trasferisce nelle cose il suo senso di potere. L'influenza è monetizzata, il potere acquistato, la frontiera venduta. Lo spazio di vita è percepito accessibile se e solo se acquistabile, monetizzabile, economicizzabile.

3. istituzione

"Voi non siete del Castello; voi non siete del villaggio; voi non siete niente" Franz Kafka

Come ci insegnano gli ultimi 50 anni del 2° millennio, quando lo spazio di libero movimento viene scoperto, percorso, esplorato, il sentimento d'angoscia che attanaglia l'umanità di fronte al possibile è ineluttabile.

La reazione si dà, è l'argine e il confine allo spazio che desidera: dopo il'64, la codificazione delle spinte rivoltose nella rappresentanza istituzionale, dopo il'77, la rigidificazione delle norme di convivenza e la manipolazione collettiva di beni di consumo, dopo l'89, l'omologazione globale degli stili di vita e di produzione. Sembra che l'Uomo abbia paura della libertà di movimento, degli spazi aperti di confronto e scambio, del riconoscimento delle differenze e del conflitto. Sembra temere sé stesso e l'Altro, nelle reazioni alle proprie azioni. Preferisce che l'istinto sia istituzionalizzato, il desiderio normato, il diverso proibito, l'ignoto vietato. 

Suggestiva  è la spiegazione psicoanalitica. Vi invito a rileggere Elliott Jaques (1955!). Egli afferma che "uno dei più importanti elementi di coesione che lega gli individui in associazioni umane istituzionalizzate è quello di difesa contro l'ansia psicotica".  Gli individui esteriorizzano quegli impulsi interni che altrimenti darebbero origine a un'ansia psicotica e li fanno confluire nella vita delle istituzioni sociali di cui entrano a far parte. Ciò non vuol dire che le istituzioni diventino psicotiche, ma che dobbiamo aspettarci di trovare in esse manifestazioni di irrealtà, ostilità, sospetto, e altre forme di comportamento disadattivo. Gli individui, in altre parole, si servono inconsciamente di istituzioni associandosi in esse e cooperando inconsapevolmente a rafforzare le difese interne contro l'ansia e il rimorso.

Illuminanti le spiegazioni di Jaques, ma potremo anche dire che la tensione all'aggregazione sociale dell'umanità risponde ad un regressivo modo di intendere la libertà di movimento all'interno dello spazio di vita.

La percezione di non influenzare il mondo e la conferma di tale impotenza che la vita quotidiana ci restituisce, consolidano i meccanismi di estraneazione da sé e di delega ad un'autorità (vera o presunta, individuo o aggregato) di decidere cosa è e cosa non è accessibile, influenzabile, modificabile.

E così le percezioni dell'irraggiungibilità dei luoghi di decisione (politica e sociale), dell'inafferrabilità del senso di norme che costringono il quotidiano scorrere dell'esistenza, l'espropriazione delle libertà di pensiero e riflessione (non omologate) si sono trasformate in convinzioni e sentimenti profondamente interiorizzati.

Tali convinzioni e sentimenti motivano la ricerca ossessiva di ambiti collettivi all'interno dei quali si possa vivere almeno per un momento per un aspetto, il simulacro dell'autenticità della relazione.

Meno abilità e più proibizioni sociali accettate e invocate nell'illusione che l'accumulazione e il possesso possano lenire il sentimento di impotenza e colpa non più collettivamente condiviso, ma individualmente interiorizzato.

Lars Engel, giugno 2003