La conversazione è uno scambio verbale tra due o più
persone, prevalentemente di carattere informale e basata sulla lingua
parlata. La conversazione è un incontro, un modo di conoscersi,
di riconoscersi, un modo per prendere dimestichezza con l'altro. La
conversazione è il primo passo e poi l'alimento di ogni relazione.
La conversazione (anche dialogo o colloquio) si evolve in comunicazione,
che è la "messa in comune" di idee o sentimenti,
e può diventare una relazione, cioè un legame. Il quale
a sua volta è alimentato da comunicazioni e conversazioni ripetute.
La conversazione è il carburante di ogni legame fra parenti,
amici, colleghi, amanti.
Perchè ciò avvenga occorre una precondizione: la reciproca
valorizzazione fra soggetti diversi. Si conversa fra soggetti che
hanno vite, opinioni, culture, bisogni e sentimenti diversi, ma che
provano interesse e curiosità gli uni per gli altri. Non solo
la conversazione prevede la valorizzazione, ne è anche una
conferma. Essere interessati e curiosi verso l'interlocutore è
un modo immediato di riconoscerne il valore. Conversare e dialogare
con qualcuno significa inviare il messaggio che questo qualcuno ha
un'identità e un valore, cui siamo interessati.
Il paradigma della conversazione odierna è quella che ogni
giorno intratteniamo col negoziante sotto casa. Come sta? Bene,
grazie, è lei? Bene. Cosa posso fare per lei? Mi dia un etto
di cotto. In questa conversazione i soggetti sono assenti e la
conversazione è meramente strumentale. Questo modello è
dilagante. E' passato dalle mere relazioni strumentali, a molte relazioni
affettive fra parenti, amici, coniugi. Per evitare le conversazioni
che portano al dialogo, alle comunicazione ed alla relazione ci sono
alcuni comportamenti che possiamo descrivere sinteticamente.
1. Il comportamento silenzioso o monosillabico
In coppia o nei gruppi è molto frequente il "sì,
no, boh, ok". Il soggetto o non parla o si esprime con monosillabi.
In genere si tratta di un soggetto che vuole mantenere il controllo
ed evitare la relazione. Il meta-messaggio è che l'interlocutore
non ha alcun interesse o valore: non merita molte parole.Lo sanno
molto bene quei genitori che ogni giorno chiedono ai figli "Come
è andata a scuola?" ricevendo un "Bene!", e
sono rassegnati a non aspettarsi un "E tu al lavoro?", che
non arriverà mai perchè i figli non trovano i genitori
abbastanza interessanti. Nei gruppi amicali o familiari, il comportamento
monosillabico è tipico di chi pensa di non avere niente da
dire o che gli altri non abbiano un valore che compensi lo sforzo
di conversare.
2. Il comportamento che si esprime solo col "cazzeggio"
Specie fra i giovani, ma non solo, il comportamento più diffuso
è il "cazzeggio". Scherzi, barzellete, battute, lazzi
sono per molte persone il solo modo di dialogare. Lo stesso accade
per molti gruppi amicali o familiari. Tutti hanno l'agghiacciante
esperienza di bevute, cene o cerimonie il cui unico modo di conversazione
è il cazzeggio. La scusa (più o meno esplicita) è
"evitiamo i discorsi seri", oppure "non parliamo di
politica o di sport, sennò litighiamo".
3. Il comportamento ipernarcisista ("parliamo di me: sono
il mio argomento preferito")
In coppia o in gruppo, il comportamento conversazionale ipernarcisista
è ammorbante. Si tratta di qualcuno cui fai la domanda: come
va? e per l'ora seguente devi sorbirti disavventure familiari
e di lavoro, diagnosi cliniche, storie di vacanze, fino (per i più
audaci) agli aneddoti dell'infanzia. Naturamente il vero narcisista
si guarderà bene dal fare a te, dopo il comizio, la stessa
domanda: in genere, gli arriva una telefonata cui non può non
rispondere, un impegno urgente lo chiama altrove, o un altro interlocutore
gli offre la possibilità di continuare a parlare di sè
(il suo argomento preferito). Ci sono persone che ti raccontano tutto
di sè, senza neppure chiederti come ti chiami: non sei così
interessante.
4. Il comportamento pettegolo ("parliamo male di tutti gli
assenti")
Molte conversazioni hanno un unico contenuto: i pettegolezzi e le
maldicenze riguardanti gli assenti. Indiscrezioni, aneddoti piccanti,
allusioni scandalose su amici, colleghi di lavoro, familiari alimentano
la conversazione. In tal modo i due soggetti dialoganti sono interessanti
solo come "fonti" di informazioni indiscrete. Il dialogo
assomiglia a rapporti di spionaggio o a settimanali da parrucchiere,
più che a un modo per conoscersi.
5. Il comportamento escludente
Questo comportamento avviene anche nelle coppie. Anni fa lui e lei
camminavano con la radiolina attaccata all'orecchio di lui (interessato
più alla partita che a lei). Oggi lui e lei stanno allo stesso
tavolo del ristorante ma lei chatta con l'amica e le manda la foto
del piatto ordinato.
Però è più diffuso nelle conversazioni fra più
di due persone. Si verifica quando alcuni soggetti hanno un'esperienza
o un interesse comune ed altri no. Tre persone si incontrano: due
iniziano a conversare del campionato di calcio; il terzo, che ama
la scherma, è escluso. Cinque anziani si incontrano al bar
e tre di loro si buttano in una conversazione su acciacchi, diagnosi,
malattie e operazioni. I due restanti, in buona salute, sono esclusi.
A Natale o Pasqua tutti hanno fatto l'esperienza desolante della mangiatona
familiare nella quale i parenti stretti passano ore in conversazioni
sui ricordi del passato, mentre i parenti acquisiti (nuore, generi,
suoceri, cognati, nipoti, ecc.) cedono alla sonnolenza: tanto nessuno
presta loro attenzione.
E non capita mai, nemmeno per caso, che agli esclusi venga chiesto
di parlare di ciò che interessa loro. Chi non parla di sport
stia zitto, chi non conversa di guai sanitari non merita ascolto,
chi non è parente stretto si rassegni al ruolo di ospite-spettatore.
L'assegnazione di un valore ad un soggetto diverso, implica concepire
se stessi come valore parziale, incompleti ma portatori di qualcosa
da scambiare, alla ricerca di legami che contaminino, integrino ed
arricchiscano.
Oggi, la conversazione è moribonda e quindi anche le relazioni
non stanno molto bene. La ragione del declino della conversazione
risiede proprio nello scarso valore attribuito all'altro, che a sua
volta dipende dallo smisurato o dall'infimo valore attribuito a sè.
Non siamo interessati agli altri o perchè siamo troppo interessati
a noi o perchè ci consideriamo troppo poco interessanti per
contribuire a un dialogo o a un legame.
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