Lavoratori di difficile reperibilità e politiche del lavoro mancate (G.Contessa)

Nel 2011 sono stati 45.250 i posti di lavoro per i giovani che le imprese hanno dichiarato di non essere riuscite a reperire sul mercato del lavoro, vuoi per il ridotto numero di candidati che hanno risposto alle inserzioni (pari a circa il 47,6% del totale), vuoi per l’impreparazione di chi si è presentato al colloquio di lavoro (pari al 52,4%). E’ questo il principale risultato emerso da una elaborazione effettuata dalla CGIA di Mestre su dati Excelsior-Ministero del Lavoro. A livello professionale, le figure più difficili da rinvenire sono state quelle dei: (fonte)

  • commessi (quasi 5.000 posti di lavoro di difficile reperimento);
  • camerieri (poco più di 2.300 posti);
  • parrucchieri/estetiste (oltre 1.800 posti);
  • informatici e telematici (quasi 1.400 posti);
  • contabili (quasi 1.270 posti);
  • elettricisti (oltre 1.250)
  • meccanici auto (quasi 1.250 posti);
  • tecnici della vendita (1.100 posti);
  • idraulici e posatori di tubazioni (poco più di 1.000 posti);
  • baristi (poco meno di 1.000).

Facciamo lo sforzo di credere che questa ricerca sia stata fatta bene, cioè con una metodologia adeguata (non è raro che ci appioppino ricerche idiote o anche truccate).

La prima cosa da chiarire è se si tratti di posti di lavoro a tempo indeterminato o precari di varia natura. Fra i 5.000 posti di commesso sono conteggiati anche quelli relativi ai soli 15 giorni prima di Natale? Fra i 2.300 posti di cameriere sono inseriti anche quelli di un solo mese in Sardegna? I 1.100 posti di "tecnici della vendita" comprendono anche i venditori porta-a-porta a percentuale? I 1800 posti da parrucchiere ed estetista durano più della giornata del 31 dicembre?

Il secondo elemento da precisare è la posizione geografica dell'impresa che offre lavoro. Se i 1.000 baristi che mancano sono richiesti da esercizi di Venezia-Lido, Costa Smeralda, Cortina, Taormina e Santa Margherita, dove non esistono disoccupati e dove un posto letto costa anche 1.000 euro al mese (se si trova!), è facile spiegare la difficoltà di trovare addetti.

Il terzo fattore da esaminare è il rapporto competenze-trattamento. Che siano inevasi 1.400 posti di info-telematica sembra un'assurdità, vista la massa di offerte presenti in Rete. E' probabile che i posti offerti richiedano competenze iper-sofisticate, rare sul mercato, a fronte di un trattamento da impiegato di terza categoria. Discorso analogo vale per gli oltre 1.200 contabili. Il termine contabile rimanda alla vecchia scuola di ragioneria, e probabilmente anche la retribuzione è del vecchio tipo. Ma è probabile che le competenze ed il curriculum richiesti siano da esperto finanziere: il che spiega la scarsità di candidati. Simile è la situazione che riguarda anche i 1250 "meccanici d'auto". Oggi le auto sono un concentrato di tecnologia informatica e il "meccanico" assomiglia di più ad un tecnico in camice bianco. L'immaginario invece pensa a questa figura come una tuta blu sporca d'olio, con qualche conoscenza di motori e una conseguente paga da operaio.

In conclusione, l'Italia sembra in una situazione paradossale. La disoccupazione aumenta a vista d'occhio. Le imprese dicono di non trovare manodopera. L'immigrazione regolare aumenta. L'idea che gli italiani disoccupati siano degli scansafatiche, schizzinosi e impreparati (bamboccioni e sfigati) è degna solo di qualche politico idiota.

La risposta a questo paradosso è da cercare in una politica industriale e del lavoro, che latita da quasi 30 anni.
Una delle regole auree del libero mercato è che, quando un bene è scarso, aumenta di valore. Questa regola è stata negata dalla politica italiana, che ha preferito altre soluzioni. Di fronte a un bene forza-lavoro scarso, la politica italiana ha risposto sostituendo i lavoratori italiani con un "esercito di riserva" composto da precari, immigrati regolari e immigrati irregolari (lavoro grigio e lavoro nero).

Il precariato corrisponde inevitabilmente ad una bassa competenza. Un precario può anche, per fame, inventarsi ragioniere, ma non gli si può anche chiedere di presentare un curriculum ed offrire una prestazione da banchiere. Può anche, per fame, offrirsi come esperto di informatica, ma non può fare un lavoro che richiede una specializzazione al MIT.
Gli immigrati regolari (ed ancor più quelli irregolari), per fame, possono anche fare i camerieri tre giorni a Taormina dormendo su una panchina del parco. Accettano anche di fare l'aiuto-aiuto-parrucchiera per una sola serata di festa. Sopportano di usare una laurea acquisita in Ukraina per fare l'informatico d'auto con la paga di un operaio.

Uno Stato con una politica industriale e d'impresa non si limita a sostituire la forza lavoro col precariato e l'immigrazione. Al contrario, garantisce:

  1. un sistema di previsione della domanda e dell'offerta della forza lavoro
  2. un insieme di servizi di orientamento scolastico e professionale efficienti
  3. un sistema di formazione professionale strettamente collegato alle imprese
  4. un meccanismo di adeguamento delle retribuzioni proporzionate alle competenze richieste ed ai disagi imposti
  5. incentivi alle imprese e integrazioni salariali per le figure professionali meno reperibili

Invece, in Italia non registriamo che un commesso chiamato per i soli 15 giorni di Natale venga pagato 500 euro al giorno. Non ci risulta che i meccanici d'auto passati dalla Citroen 2 cavalli ai SUV automatizzati, siano pagati il doppio di prima. Non esiste l'obbligo sindacale di offrire a lavoratori stagionali un alloggio migliore della panchina al parco o delle baracche dei lager. Fra i tanti enti inutili, non registriamo quello che dovrebbe dirci quali e quante figure professionali saranno richieste nel 2020. Nè ci risulta che disponiamo di servizi atti ad orientare e preparare i giovani per le nuove figure previste.