LA RETE E L’AFFRESCO
Seminario di sensibilizzazione alle relazioni di grande gruppo / 1° Laboratorio di Grande Gruppo

APPUNTI “A CALDO” (Alberto Raviola, novembre 2005)

1. mito fondativo

Le relazioni che sono scaturite sembrano rimandare a vissuti di indifferenza reciproca.  Il mito fondativo del grande gruppo è la dis-appartenenza ad esso, in nome di un’appartenenza fantasticamente dichiarata al piccolo gruppo (locale), utilizzato come difesa e messo in scena attraverso la divisione in piccoli gruppi “funzionali al compito”. Non c’è mai stata dichiarazione di appartenenza all’organizzazione, alla totalità, all’insieme.

2. controdipendenza “liquida”

Lo slogan di fondo che potrebbe esprimere –con uno slogan- ciascun organismo presente alla due giorni (singolo, piccolo gruppo reale, piccolo gruppo fantasmatico, grande gruppo) è “io esisto se tu non ci sei”. L’influenzamento non si dà, se non come ricerca della conferma di sé, perché l’alterità deve essere incorporata ma non rielaborata per essere restituita. Anche la controdipendenza nei confronti dello staff, sembra essere riconducibile a vissuti di evitamento relazionale proiettati nella negazione del compito. Non si è vista una ricerca collettiva di un’idea, un simbolo, un gesto, un comportamento, che potesse fare da collante tra i partecipanti.

3. etica ed estetica volatili

A questo proposito, il voyeurismo è stata la modalità più persistente di comportamento agita. Il senso di responsabilità, il desiderio di sovranità, la emersione di leaders si sono intraviste a momenti e in maniera puntuale. Ma le caratteristiche di tali fenomeni sono state prevalentemente di carattere distruttivo e bloccante, piuttosto che costruttivo e metabletico. A conferma di ciò nei processi decisionali, non si sono visti fenomeni di conflittualità, anche se l’aggressività era latente nei confronti dell’autorità interna (presidenza e altri ruoli TAI) ed esterna (staff). Tra pari il conflitto è stato represso e/o rimosso: la diversità viene ignorata oppure resa omogenea sia in termini di espressione linguistica che di modalità comportamentali. La paura della valutazione ha giocato un ruolo importante nel blocco del sistema di interazione. Ha di fatto favorito processi autonomi (sia individuali, che di gruppo) di esclusione e repressione.

4. contagio sciamanico

I processi aggregativi che si sono visti nelle due giornate rimandano all’immagine dello sciame. L’iniziativa di un individuo diventa, come fosse risultato di un fenomeno di contagio, iniziava di tutti attraverso una sorta di adesione aduna pratica ipnotica. L’individuo immerso nello sciame cade in uno stato particolare, assai simile allo stato di fascinazione dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore. L’orientamento (determinato dalla suggestione e dal contagio) dei sentimenti e delle idee in un unico senso tende a trasformare immediatamente in azioni, le idee suggerite. L’individuo non è più se stesso ma un automa incapace di esser guidato dalla propria volontà. Ad esempio, l’applauso che è scrosciato due volte durante la simulazione è apparso come risposta isterica alla sollecitazione esterna (dello staff) piuttosto che come espressione di un sentimento di unione e gioiosa appartenenza.