PROGETTO VhivERE
RELAZIONE  FINALE a cura di Margherita Sberna - ARIPS

PREMESSA

La proposta presentata all’ISS prevedeva il coinvolgimento di  5 regioni obiettivo nelle quali la CRI opera. In ciascuna di esse si sarebbe realizzato l’intervento. Il finanziamento concesso, però richiedeva un ridimensionamento e dunque restringeva il numero di operatori coinvolti.

Il progetto era particolarmente interessante per i seguenti motivi:

a-      l’obiettivo a lungo termine è la  prevenzione dell’infezione da HIV e dunque la riduzione della diffusione dell’AIDS soprattutto fra i giovani;

b-     l’obiettivo immediato è la preparazione di un gruppo di operatori all’applicazione di un kit di prevenzione già elaborato e sperimentato da ARIPS ;

c-      la procedura di addestramento richiedeva di applicare il kit fra i giovani avviando immediata- mente un processo di sensibilizzazione e di prevenzione;

d-     i Volontari del Soccorso (VdS) della CRI sono interessati ad  ampliare le loro risorse per  aumentare qualità e quantità  dei loro interventi.

Così la necessità del ridimensionamento è stata accolta con dispiacere,  e la decisione della CRI è stata quella di cercare di “valorizzare” al massimo l’opportunità. Questo ha prodotto come risultato la realizzazione della parte addestrativa del  progetto in 4 regioni, benchè il finanziamento coprisse i costi soltanto di 3. Le Regioni in cui tutto l’intervento è stato realizzato sono state Abruzzo, Sicilia, Toscana, mentre in Campania è stata  realizzata soltanto l’istruzione degli operatori-volontari all’uso del KIT PROSPETThivA.

FASE A

L’avvio dell’iniziativa richiedeva:

-         l’individuazione delle 4 Regioni destinatarie;

-         l’individuazione in ogni regione di 10 – 15 operatori  interessati non solo all’esperienza, ma anche a farsi promotori sul  territorio di appartenenza della specifica attività preventiva appresa;

-         l’organizzazione del lavoro comprensiva della stesura di un calendario che tenesse conto delle scadenze dell’ISS e delle istituzioni che era auspicabile coinvolgere.

Questo tipo di azione è stato realizzato dagli organismi della CRI che hanno tenuto conto delle procedure interne  e in pratica  ha:

-         predisposto una breve presentazione del progetto finanziato;

-         preparato una sintetica precisazione degli impegni che sarebbero derivati alla Regione che avesse deciso di realizzare l’intervento;

-         indicato i criteri di scelta -fra i concorrenti-  delle Regioni che effettivamente avrebbero partecipato;

-         selezionato i richiedenti a livello di individuazione delle Regioni;

-         monitorato e sollecitato la procedura interna ad ogni regione per l’individuazione dei partecipanti;

-         organizzato il supporto logistico per la realizzazione dell’intervento addestrativo.

L’operazione ha prodotto i seguenti gruppi:

-         Abruzzo – 15 adesioni

-         Campania – 13 adesioni

-         Sicilia – 13 adesioni

-         Toscana – 12 adesioni.

FASE B

La seconda fase del progetto prevedeva l’addestramento dei volontari-operatori.

La procedura è stata la stessa in ogni regione ed è dunque precisata nei dettagli  di seguito. Vengono segnalate di volta in volta le eventuali differenze fra i vari gruppi.

Per ottimizzare l’uso del tempo disponibile, dove era possibile e la Regione aveva un  finanziamento ad hoc, questo  seminario è tato realizzato in forma residenziale. In realtà ciò è avvenuto nelle regioni Abruzzo e Toscana.

Il seminario prevedeva 2 giorni di lavoro, ciascuna con 4 unità di 90 minuti ciascuna. Gli intervalli, di mezz’ora, servono per ricuperare le energie, ma consentono il mantenimento della concentrazione e anche lasciano aperta la possibilità di comunicare sugli stessi argomenti delle unità di lavoro in forma per qualche aspetto “privata” (cioè senza che tutti sentano).

Di seguito sono indicati i contenuti di ciascuna unità.

Unità 1

Presentazione del conduttore del seminario.

Presentazione del progetto VhivERE.

Presentazione del Seminario di addestramento, dei tempi di lavoro e della struttura (v. programma ALL 1).

Presentazione dei partecipanti ed esplicitazione delle motivazioni alla partecipazione all’iniziativa specifica e a tutto il progetto in generale.

Attività di riscaldamento finalizzata ad identificare in maniera più approfondita e ricca le persone presenti. Di solito viene utilizzato l’esercizio psico-pedagogico “I 4  quadri”  (si trova nel kit allegato).

Commento dell’esperienza realizzata.  Di solito questa fase fa emergere l’emotività ed aumenta il livello di partecipazione e di coinvolgimento dei presenti, anche se non sempre con la stessa qualità.

Unità 2

In questa unità i partecipanti vengono divisi in 5 coppie o terne o in gruppetti misti (coppie + terne).

Ad ogni gruppetto viene assegnato il materiale corrispondente ad uno degli incontri dell’intervento di prevenzione che sono 5. Com’è possibile evincere dall’allegato kit ProspettHIVa per ognuno dei 5 incontri sono previsti supporti diversi (esercizi psico-pedagogici) e precisamente:

-         incontro 1 – IDENTITA’ -  foglio di lavoro

·        i 4 quadri

·        l’oggetto più prezioso

·        il collage

-     incontro 2 -   RELAZIONI -  foglio di lavoro

·        comunicazione non verbale

·        3 personaggi

·        la valigia

-          incontro 3 – VALORI  - foglio di lavoro

·        i valori più importanti

·        acrostico

·        anagramma

·        premio Nobel

-         incontro 4 – REGOLE DI GRUPPO -  foglio di lavoro

·        regole di gruppo

·        se io fossi………..

-         incontro 5 – RIPRESA DELL’ATTIVITA’  -  foglio di lavoro

·        attività di riscaldamento “libera” e da inventare

·        verifica  dei cambiamenti avvenuti

·        verifica di tutto l’intervento.

Quindi ogni gruppetto ha il resto del tempo dell’unità (almeno un’ora) per leggere e studiare il materiale e per scegliere un esercizio da proporre nelle unità successive. Naturalmente va scelto anche chi del gruppetto o coppia lo presenterà. Poiché il tempo delle unità sarà suddiviso in tre  parti, l’esercizio scelto va adattato ad un tempo massimo di 30 minuti per la sua esecuzione.

Inoltre, sempre in questa unità, va scelta una seconda persona del gruppetto/coppia, che realizzi la seconda parte dell’attività, per la quale ci sarà un’altra mezz’ora di tempo per l’esecuzione.

Unità 3

Da questa unità in poi, come già accennato, ogni unità è suddivisa in tre parti:

-         parte a- esecuzione dell’esercizio scelto per sensibilizzare e stimolare l’emotività dei partecipanti

-         parte b- esecuzione della parte pratica, centrata sul compito (la ricerca di azioni da  realizzare coi pari, cioè amici, compagni, coetanei)

-         parte c- discussione sull’andamento delle due unità precedenti e feed-back sulla conduzione.

Si tratta di una simulazione piuttosto complessa che ha 3 obiettivi principali:

-         confrontarsi con le difficoltà della conduzione di un gruppo;

-         illustrare dal punto di vista pratico la sequenza che poi verrà proposta ai destinatari finali dell’ intervento preventivo;

-         continuare nello sforzo di sensibilizzazione dei partecipanti all’incontro che fungono da “campo di intervento”.

Le due parti che verranno simulate sono quelle previste in ogni incontro del kit ProspettHIVa che avrà la durata effettiva di 2 ore minimo, 3 massimo.

In 5 unità successive, i partecipanti al seminario sperimenteranno tutta la sequenza.

In questa unità la simulazione è piuttosto complessa sia perché è la prima, quindi i conduttori non hanno esempi di alcun genere, sia perché comprende anche la presentazione dell’esperienza e la somministrazione del questionario, unico momento in cui compare l’informazione sull’infezione da HIV.

Unità 4

Viene simulato il secondo incontro.

In questo caso resta più tempo per la riflessione sulle modalità di conduzione.

Si evidenzia una maggiore difficoltà di gestione della seconda parte dell’incontro, quella più operativa e concreta.

Unità 5

Si tratta il terzo incontro, con problemi simili alla situazione precedente.

Unità 6

Il quarto incontro ha delle particolarità in quanto conclude la fase sensibilizzativi e in più sollecita e/o pone le basi per un’attività di peer-education da parte dei partecipanti, da realizzare nell’intervallo di tempo prima del quinto ed ultimo incontro.

Unità 7

Il quinto incontro di verifica e conclusione dell’esperienza, comprende una riflessione sulle azioni realizzate dai partecipanti per i coetanei.

E’ prevista  anche una verifica di tutto il percorso ed una riflessione sugli apprendimenti acquisiti.

C’è anche da sperimentare le modalità di somministrazione  del questionario a conclusione di tutto.

Unità 8

E’ dedicata all’illustrazione, lettura e commento del kit ProspettHIVa e alle modalità di trasferimento dell’esperienza.

Al termine del seminario viene consegnato il saggio sull’esperienza pilota che ha prodotto ProspettHIVa, sia per offrire elementi anche teorici sul percorso, sia per renderne più chiari ed espliciti i presupposti e la “filosofia”.

Commenti

Questo seminario si propone la sensibilizzazione e l’addestramento all’uso del kit secondo una modalità che non richiede nei partecipanti una precedente preparazione nel campo della formazione psicosociologica. Ovviamente il risultato è tecnicamente lo stesso –tutti i partecipanti capiscono ed imparano a riprodurre lo strumento in altri contesti- ma sono diversi i livelli di sensibilizzazione e sono in rapporto con le caratteristiche personali di ciascun partecipante, la sua esperienza di vita, l’interesse reale per il tipo di intervento proposto e le competenze psicologiche possedute.

Dunque è accaduto che al termine di questa esperienza addestrativi non tutti fossero effettivamente preparati ad esportarla.  Così è stato esplicitato che non era necessario da parte di tutti  un impegno in prima persona.

FASE C

Nell’incontro di chiusura della fase precedente è stato precisato che ogni regione doveva impegnarsi a realizzare almeno due gruppi dove applicare il kit. Un terzo gruppo sarebbe stato  di controllo.

Per la costituzione dei due gruppi (di 10-12 membri) si poteva  stimolare la partecipazione delle scuole superiori con studenti degli ultimi anni, oppure si potevano coinvolgere membri della CRI –scelti in questo caso fra i 18 ed i 21 anni.

Per questioni di tempo – scansione dell’anno scolastico, e in relazione ai rapporti esistenti nelle varie regioni fra CRI e istituzioni scolastiche, si è in generale preferito realizzare le applicazioni sperimentali del KIT all’interno dei VdS.

Per quanto riguarda la conduzione si potevano utilizzare differenti soluzioni, tenendo conto sempre del fatto che ogni conduttore doveva essere accompagnato da un osservatore, in modo che potesse essere possibile un confronto sulla gestione dell’incontro e un successivo miglioramento:

1-     una sola coppia per tutt’e 5 gli incontri in cui i due ruoli rimanessero fissi  (cioè il conduttore restava sempre lo stesso e così pure l’osservatore);

2-     una sola coppia per tutt’e 5 gli incontri ma con ruoli scambiati ogni volta (chi  aveva fatto il conduttore, nel successivo incontro assumeva il ruolo di osservatore e viceversa);

3-     una coppia differente ad ogni incontro, con “passaggio  di testimone” da una coppia alla successiva;

4-     una coppia “a catena”, cioè A= conduttore + B osservatore per il primo incontro; B nel ruolo di conduttore + C come osservatore nel secondo incontro; C come conduttore + D osservatore nel terzo incontro; ecc.

   La scelta  derivava anche dal numero delle persone interessate a mettere in pratica immediatamente gli apprendimenti del seminario.

In generale si è scelto la prima o la seconda  soluzione.

Per quanto riguarda il gruppo di controllo, era sufficiente individuare 10/15 persone con le stesse caratteristiche dei due gruppi nei quali il kit veniva applicato, e somministrargli  negli stessi momenti il questionario. Quindi potevano essere anche persone prese individualmente o comunque raggruppate in due sole occasioni, a distanza di 4 mesi, per un periodo massimo di 15/20 minuti, cioè il tempo necessario alla compilazione del kit.

FASE D

La supervisione era destinata alle regioni in cui si è sperimentato il kit dopo l’addestramento.

Lo scopo di questa attività era di analizzare i problemi emersi dall’esperienza pratica, suggerire soluzioni alternative ad errori commessi, rafforzare gli apprendimenti e verificare l’esperienza fatta.

I problemi che sono sorti nell’applicazione del kit sono stati soprattutto di  tipo:

-         logistico-organizzativi , soprattutto connessi con il “reclutamento” degli utenti finali;

-         derivanti da questioni di riservatezza e di pudore, dal momento che tutte le applicazioni sono avvenute all’interno dei VdS-CRI, e che dunque la conoscenza pregressa, la continuità del rapporto, ha reso difficili livelli di apertura più ricchi e di partecipazione più profonda.

In questi incontri si è parlato anche delle tecniche di raccolta e di trattamento minimo dei dati del questionario che viene somministrato all’inizio e al termine dell’intervento.  Poiché il questionario è piuttosto complesso –richiederebbe l’uso di un PC con data-based, programma specifico di trattamento-  e d’altra parte non è necessaria un’elaborazione su grandi numeri, ma solo all’interno di ciascun gruppo dove il kit viene applicato, si è proposta una semplice modalità che può essere realizzata “a mano” e che consente comunque di ottenere dati utili per una riflessione ed anche per evidenziare agli eventuali scettici, l’efficacia dell’intervento pur breve.

Rispetto a questo argomento è allegato un promemoria utile alla tabulazione dei dati e ad una minima ed elementare elaborazione.

FASE E

E’  quella del trattamento dei dati che, nella presente occasione, è stata realizzata direttamente da ARIPS col supporto di mezzi informatici. Sono allegate le tavole coi risultati dei questionari.

I questionari erano stati utilizzati nella fase sperimentale dell’attività (quando essa è stata ideata e realizzata sul campo per la prima volta) per controllare l’efficacia dell’intervento.  Così, sia  la quantità che la qualità dei compilatori erano particolarmente importanti proprio per verificare l’efficacia dello strumento di intervento. In quella occasione tutta la procedura era gestita dai professionisti di ARIPS che potevano garantire anche l’accuratezza della composizione dei gruppi di controllo.

Però lo strumento utilizzato non era stato standardizzato e anche in quella occasione veniva tenuto in conto soprattutto per le variazioni che emergevano fra le diverse somministrazioni.  In realtà esso costituiva l’unico  elemento focalizzato sul “contenuto” dell’intervento di prevenzione e cioè l’infezione da HIV e l’AIDS. Nell’azione di sensibilizzazione e di prevenzione vera e propria si sarebbe parlato della malattia e della diffusione  dell’infezione solo se i partecipanti avessero fatto domande esplicite in merito.  Ed in generale nella fase sperimentale, com’è possibile verificare anche dal saggio allegato,  durante gli incontri di prevenzione il tema non veniva direttamente trattato, né c’erano domande da parte degli utenti.  Ciò nonostante il questionario evidenziava differenze nelle risposte fra la prima e la seconda somministrazione. Il che testimoniava che gli utenti stessi,  da soli  e comunque in maniera autonoma e di propria iniziativa, raccoglievano informazioni e, a volte, queste ultime modificavano l’atteggiamento ed il comportamento dichiarato rispetto ad infezione e malattia.

E’ in quest’ultima ottica che il questionario è diventato sia uno strumento per compiere una verifica, sia un elemento essenziale dell’intervento complessivo.

Nel Progetto VhivERE  non era  previsto l’acquisto del programma informatico necessario ad un’elaborazione sofisticata dei dati e d’altra parte era invece utile offrire qualche supporto tecnico  ai partecipanti (VdS della CRI). Questo ha avuto come conseguenze:

a-      l’apprendimento della procedura di somministrazione dei questionari;

b-      la stesura di una breve e semplice GRIGLIA di raccolta delle risposte ai questionari (v.allegato);

c-      una elaborazione informatica lineare e tale da evidenziare soltanto gli elementi essenziali che testimoniano la variazione delle posizioni;

d-      la suddivisione dei questionari per regione, senza  connettere i risultati dei differenti gruppi, differenti anche per tradizioni culturali.

Come è accaduto fin dalla fase sperimentale dell’attività di prevenzione  dell’AIDS & HIV, anche in questo caso si possono notare modificazioni delle posizioni anche nei gruppi di controllo  e non solo nei gruppi dove è stata applicata la strategia preventiva. Ciò è importante come veicolo di potenziamento dell’intervento, è un ulteriore mezzo di sensibilizzazione anche se le informazioni non sono comunque sufficienti come deterrente di comportamenti “pericolosi” ed a rischio.

Nel caso del Progetto VhivERE era importante  insegnare  ad utilizzare il questionario  per farne comprendere le valenze e la duttilità. Potrebbe infatti essere utilizzato:

-    per fare una diagnosi sullo stato delle conoscenze dell’infezione HIV e dell’AIDS;    

-         per “disegnare” uno scenario dei valori che ispirano il comportamento giovanile in campo sessuale;

-         per la verifica delle  attività di prevenzione;

-         per dimostrare l’efficacia dell’intervento di prevenzione rispetto a dove non è applicato;

-         come traccia per l’individuazione delle informazioni essenziali da diffondere;

-         per monitorare il cambiamento di atteggiamenti, abitudini, comportamenti in particolare in campo sessuale;

-         per stimolare azioni di tolleranza e di condivisione con i malati di AIDS e gli infetti da HIV.

 

Va sottolineato che il questionario non è parte irrinunciabile del kit di prevenzione e dunque può non essere somministrato ai partecipanti del kit. Questa scelta fra l’altro consente di “abbassare l’età”  dei partecipanti, per i quali le attività di sensibilizzazione possono essere stimolanti, mentre alcuni  argomenti presenti nel questionario possono essere fonte di turbamento.

E’ però vero che da un punto di vista che potremmo definire  promozionale, è importante poter dimostrare l’efficacia e l’utilità  dell’intervento.

Per questi motivi i partecipanti del Progetto VhivERE sono stati invitati a far conoscere i dati raccolti col questionario e a farne oggetto di riflessione e di dibattito.  

PROBLEMI & DIFFICOLTA’

Il primo problema riguarda l’addestramento degli operatori volontari.

Benchè infatti tutto il Kit e l’intervento siano stati predisposti per essere realizzati anche da personale privo di competenze psicosociali a carattere professionale, l’azione di addestramento è piuttosto complessa e si realizza sinergizzando differenti livelli:

-         la stimolazione delle capacità personali  attraverso la sperimentazione su di sé della procedura preventiva stessa;

-         la conoscenza e la comprensione delle ipotesi teoriche su cui si fonda l’intervento;

-         l’apprendimento delle azioni da realizzare per riprodurre il più correttamente possibile la sequenza degli incontri;

-         la valorizzazione delle capacità personali esistenti di osservazione del contesto gruppale.

Non solo è difficile per il formatore che gestisce il seminario di addestramento, ma ancora di più lo è per i partecipanti, che devono fare i conti anche con le loro resistenze e difese personali che emergono nei diversi momenti di attività, oltre che impegnarsi nell’apprendimento.

Il tempo è effettivamente molto poco, se non si considerasse la sua estensione attraverso le prove sul campo e la supervisione successiva.

Questa situazione oggettiva di difficoltà si affronta con buoni esiti se esiste fin dall’inizio una forte motivazione rispetto al Progetto ed alle sue intenzionalità.

I partecipanti hanno dunque imparato in relazione al loro interesse e alla loro disponibilità.

Il secondo problema ha riguardato l’applicazione sul campo del kit.

Le difficoltà sono state di due tipi:

a-      i tempi concreti di realizzazione dell’intervento –derivanti dalla convenzione con l’ISS- non perfettamente congruenti con i tempi del calendario scolastico e con l’istituzione stessa, che richiede procedure ricche di burocrazia per consentire l’accesso;

b-     le procedure della CRI e gli altri impegni imprevisti –dovuti fra l’altro- a calamità naturali che hanno concentrato sull’emergenza le risorse utilizzate anche per la realizzazione del Progetto;

c-      l’accumulazione delle difficoltà “esterne” con quelle “interne” alla realizzazione del kit.

Tutto questo ha rallentato il trasferimento nel territorio dei VdS  dell’intervento.

Il terzo problema, derivante dal precedente, ha circoscritto la sperimentazione all’area dei volontari della CRI, nelle varie regioni interessate, con problemi per i partecipanti dovuti alla conoscenza reciproca e agli stereotipi esistenti. Benchè all’avvio dell’intervento i conduttori esplicitino di attenersi alla riservatezza  ed invitino tutti a conformarsi a questo  comportamento per quanto riguarda gli eventi che si verificheranno all’interno degli incontri di sensibilizzazione, la conoscenza pregressa ed la necessità di continuare la frequentazione anche successivamente all’attività di prevenzione, aumentano  l’efficacia dei sistemi difensivi con una  chiusura  conseguente. E’ una sorta di pudore che rende difficile ogni tipo di apertura e di comunicazione.

Così non tutti i partecipanti hanno appreso sufficientemente e dunque non tutti saranno in grado di trasferire al servizio della comunità le attività di prevenzione dell’HIV-AIDS.

Crediamo che il sistema di co-conduzione utilizzato nella fase di applicazione del modello (v. fase C), e che consigliamo di mantenere per  le prime esperienze che verranno realizzate, possa facilitare la diffusione delle procedure corrette, oltre a rafforzare gli apprendimenti.