Nuove esperienze di Grande Gruppo di Margherita Sberna (2003)

La ricerca sul grande gruppo e sulle possibilità di fare formazione di qualità in questo setting  continua. Le nostre ipotesi trovano delle  prime conferme!

Recentemente è capitato di fare un’ esperienza  che è stata molto soddisfacente, ed anche gratificante.

In questo caso si è pensato di applicare la metodologia del T-group ad un grande gruppo ed i risultati ottenuti sono stati molto simili a quelli dell’età d’oro di questa tecnica, peraltro da sempre  fra quelle utilizzate da una minoranza di professionisti della formazione. Il che ne ha fatto uno strumento controverso, sia per gli addetti ai lavori che per i partecipanti.

Come in altre occasioni, si è  prevista una strutturazione - cioè una serie di esercitazioni - da introdurre per facilitare l’apprendimento e l’evoluzione dei partecipanti. Tutto il materiale preparato è stato utilizzato ed ha funzionato. Pochissimi e modesti sono stati i cambiamenti necessari.

Il gruppo ha percorso le tappe “classiche” arrivando a costituirsi come organismo con un buon livello di socializzazione e di partecipazione.  La dinamica della controdipendenza nei confronti dell’autorità rappresentata dai conduttori si è sviluppata fin dall’inizio, ma è stata espressa in maniera aperta ed esplicita dai partecipanti il che ha permesso di gestirla come lotta di potere che doveva sfociare in una presa di decisione. Questo ha consentito, col supporto di esercitazioni che hanno facilitato la conoscenza e la comunicazione, di recuperare la dinamica della dipendenza aumentando l’attenzione su quanto stava accadendo. Pur con fasi alterne, la collaborazione dei partecipanti ed il loro interesse (alcuni non hanno mai fatto le pause autogestite per fumare una sigaretta o bere un caffè) hanno continuato ad aumentare  in parallelo con una tensione emotiva sempre presente e piuttosto elevata.

In questa esperienza di formazione col grande gruppo abbiamo mantenuto nell’impostazione del seminario alcune costanti rispetto a quella precedente,  proprio per poter fare un confronto, mentre altre variabili dipendenti dalla concreta situazione, erano oggettivamente diverse.

Se a queste due esperienze aggiungiamo quella fatta a Roma  possiamo fare un primo bilancio evidenziando cosa e perché ha aumentato l’efficacia dell’intervento.

La prima variabile riguarda il tempo: l’efficacia aumenta con il suo dilatarsi e concentrarsi. Non basta cioè un tempo lungo ma diluito in numerosi incontri, come per il corso di Roma che prevedeva sessioni settimanali di 4 ore in 9 mesi. In questo caso, infatti, la necessità di una  fase di  “riscaldamento” risulta estremamente rallentante per l’emersione delle dinamiche, mentre un seminario di 30 ore di lavoro concentrate in 3 giorni consente un’accumulazione funzionale al progresso e all’evoluzione del gruppo con minime dispersioni di energia. I partecipanti sono per questo più "carichi" e ciò li rende meno prudenti e censurati, facilitando il collegamento con strati più profondi della loro personalità ed aumentando la loro espressività.

La metodologia autocentrata è premiante rispetto a quella eterocentrata. In pratica l’assenza di compiti precisi e di concreti riferimenti alla realtà quotidiana dei partecipanti  gli consente di agire più liberamente proprio perché non esiste un modello con cui confrontarsi. Soprattutto di questi tempi, in cui l’imitazione e l’omologazione sembrano i principi ispiratori della vita di ciascuno, affrontare situazioni nuove non solo significa far ricorso alla propria creatività, ma anche lasciarsi liberi di scegliere e di agire senza paura di conseguenze spiacevoli. Anzi chi esplora nuove modalità diventa un esempio per gli altri membri del gruppo e dunque acquisisce maggiore sicurezza ed autostima anche dovesse commettere errori, cioè  scoprire che i suoi comportamenti non sono funzionali agli obiettivi che si proponeva di raggiungere.

Questa impostazione ha inoltre il pregio di restituire la sovranità a ciascuno che può da una parte auto-determinarsi e dall’altra tener conto degli altri a loro volta liberi di esprimere il loro potere.

Importanti sono anche lo stile di intervento del conduttore del gruppo e le modalità con cui gestisce il suo ruolo “non” pedagogico. Gli interventi di formazione hanno come caratteristica di non richiedere ai partecipanti un prodotto finale concreto, e questo libera  dall’obbligo di acquisire conoscenze prestabilite: ognuno può fare il suo percorso che si diversifica anche a causa delle esperienze e degli apprendimenti precedenti. Così gli stessi punti di arrivo sono differenti. Ciò che è determinante per questo tipo di apprendimento è che esso passi attraverso l’emotività e che sia una sintesi di azioni realizzate e di riflessioni/sentimenti su di esse e da esse scatenati.  Dunque il contributo del conduttore perché questo avvenga sta nel mantenere alto il livello di energia/eros nel gruppo  attraverso interventi che nella modalità o nel contenuto siano emozionati ed emozionanti. A volte questo significa deludere le aspettative dei partecipanti, a volte astenersi dal parlare privilegiando la metacomunicazione, a volte enfatizzare il proprio ruolo con comportamenti estremi che scatenano la reazione dei partecipanti.

In ogni caso rispettando i principi teorici e metodologici della formazione senza preoccuparsi del gradimento immediato da parte dei partecipanti.

La sintonia fra i conduttori senza sacrificare la loro connotazione specifica,  è vitalizzante in questo contesto: evita la prevedibilità delle reazioni e mantiene alta la tensione.

Tutto questo mette in gioco il partecipante in prima persona e quindi la sua motivazione all’apprendimento. Senza essa non esiste alcuna possibilità di crescita e di evoluzione. Può essere la risposta ad una mancanza, un bisogno; oppure può scaturire da un desiderio, da una ricerca di benessere. In entrambi i casi richiede uno sforzo ed un impegno che sono più facili da accettare o rifiutare se le tecniche attraverso le quali si apprende sono dirette e chiare e se si evita l’utilizzo della manipolazione. In ogni percorso di formazione il risultato finale non è merito o fallimento esclusivi del formatore, ma frutto degli sforzi di entrambe le parti. Poiché stiamo parlando di un percorso finalizzato ad aumentare capacità di tipo psicologico, la corresponsabilità è ancora più evidente ed essenziale. Essere presenti ed ascoltare non è sufficiente per imparare. Occorre vivere partecipando attivamente a quanto viene proposto e riflettere su quanto accade.

Nelle esperienze di grande gruppo a cui ci riferiamo la “qualità” dei partecipanti era diversa non solo per l’unicità caratteristica di ogni essere vivente, ma anche per la “posizione lavorativa” in rapporto al senso di responsabilità. In un caso si trattava di volontari, in uno di membri e soci di cooperative, in uno di dipendenti di un’istituzione. La motivazione all’apprendimento parrebbe collegata – a parità di altre condizioni – con l’importanza che si dà al rapporto fra la propria azione individuale e l’esistenza  del contesto collettivo/gruppo in cui si è inseriti.

La videocamera che riprende ma non registra resta uno strumento la cui utilità – per i partecipanti ed il loro apprendimento – non è ancora chiara. Dopo un primo stupore e qualche rimostranza, tutti se ne dimenticano nel senso che non paiono limitati da essa né dichiarano che ciò succeda.   Resta il dubbio se però provochi un effetto sul narcisismo individuale e collettivo e risulti uno stimolo importante per la  motivazione.

NOTA

LE COSTANTI

  • orario continuato dalle 9.30 alle 23 con due intervalli di 90 minuti per i pasti principali
  • conduzione alternata che vedeva la presenza di un formatore alla volta
  • utilizzo di supporti ambigui  e simbolici che in questo caso erano dei cappellini di colori diversi
  • presenza in aula di una videocamera che riprendeva gli eventi  e visione degli stessi in un’altra sala da parte del resto dello staff
  • esercitazioni connesse alla focalizzazione del seminario – in questo caso la leadership – da inserire in rapporto allo sviluppo delle dinamiche; le tecniche sono state scelte in rapporto alla classica e naturale evoluzione del gruppo.

LE VARIAZIONI “STRUTTURALI”

  • il grande gruppo era composto da 23 persone con uno scarso grado di conoscenza interpersonale se non a coppie/terne
  • in generale queste persone svolgevano lavori  manuali ed anche modesti pur avendo ruoli di responsabilità all'interno della loro azienda (giardinaggio, assistenza domiciliare, gestione mense, ecc.)
  • il tempo disponibile era di 3 giorni per un totale d’aula di 30 ore effettive
  • il seminario è stato preceduto da una breve presentazione fatta dagli organizzatori alla presenza dei formatori e del tutor dell’esperienza
  •   il seminario era il primo di un corso di media durata
  • i conduttori erano un maschio ed una femmina.