Cap.7. Le tecniche di intervento nei gruppi .

Le tecniche di intervento nei piccoli gruppi sono infinite e in continua evoluzione. Con questo termine indichiamo l’azione, il meccanismo, l’artificio, il congegno codificati, con cui si ottiene un effetto intenzionale. La tecnica non può essere "tutto ciò che produce effetti". I termini distintivi sono intenzionalità e codificazione. Una tecnica è tale solo se predittiva, produttrice di effetti desiderati, rispondente a intenzioni mirate. Senza questi caratteri siamo di fronte ad un accadimento casuale. Ogni evento della vita produce effetti, ma tali che non possiamo prevederli. Una tecnica è una prassi codificata nel senso che può essere descritta e, in situazioni analoghe, può essere riprodotta. Se mancano i caratteri della descrivibilità e riproducibilità, siamo di fronte all’arte o alla magia. Anche l’arte e la magia producono effetti, e magari effetti rispondenti alle intenzioni dell’artista o del mago. Il problema è che nessuno sa spiegare né riprodurre ciò che fanno. La tecnica può anche essere artistica o magica, ma deve essere spiegabile e riproducibile.

Una tecnica di intervento nel gruppo è l’azione intenzionale e codificata di un operatore, che si propone di interferire nella traiettoria del campo, di deviarne la rotta, di favorirne la trasformazione. Nella tecnica risulta evidente il principio di libertà e di alleanza, già descritto nelle pagine precedenti. Ogni tecnica di gruppo basa la sua efficacia sulla adesione consapevole del campo fruitore. Essa può essere somministrata in modo direttivo, partecipativo o provocatorio ma è essenziale che il gruppo vi aderisca col massimo grado di consenso attivo. L’adesione può basarsi sul convincimento circa l’utilità, sulla condivisione dell’attività proposta, sulla forza attrattiva dell’operatore, sulla disperazione causata da un bisogno/desiderio irrefrenabile: ciò che importa è che il gruppo partecipi della tecnica in modo ricettivo e partecipato. Le tecniche sono applicabili insieme al gruppo, e mai "su" di esso.

Ogni classe di tecniche risponde a intenzioni diverse. Per analogia, esistono diversi tipi di cacciavite, ma la classe dei cacciaviti ha in comune la vocazione ad essere usata per inserire le viti. Possiamo usare un cacciavite come leva per aprire una lattina di colore (lo fanno in tanti), e possiamo anche inserire le viti con le mani o con l’aiuto del martello: ma tutto ciò è improprio e farebbe inorridire un tecnico serio. La tecnica possiede una sua economia ed una sua estetica. I gesti del tecnico sono razionali, essenziali, a loro modo eleganti. Un vero cuoco non si sbraccia, non suda sette camicie, non sporca otto tegami oltre al suo vestito, per cucinare una pastasciutta. Egli dispone di una tecnica codificata, nella quale i tempi, i gesti, gli oggetti ed i materiali sono razionalmente organizzati, in funzione economica ed estetica. Se occorre il burro per un certo piatto, nessun cuoco pensa di farlo con l’olio. Se occorre un certo tegame, un calore definito, un tempo di cottura collaudato, un’erba accessoria, il bravo cuoco esprime la sua tecnica restando fedele a questi imperativi. Nulla vieta, anzi in ciò sta la grandezza di un cuoco, che egli caratterizzi i piatti con uno stile personale, che inventi variazioni nei piatti, che metta a punto nuove tecniche o mixing di tecniche già note. La nuova tecnica può anche contenere elementi tenuti segreti ai non iniziati, ma che restano comunicabili ai vice chef e che saranno pubblicati in volumi, quando il cuoco sarà famoso abbastanza. Anche nelle tecniche di gruppo avviene qualcosa di simile. Ogni classe di tecniche soddisfa certe esigenze meglio di altre. Ogni tecnica ha le sue regole di esecuzione. Lo stile personale è un’interpretazione della tecnica che riguarda le sfumature, il tono, il ritmo, cioè gli elementi più personali dell’operatore. Il quale può inventare tecniche nuove o mixing nuovi di tecniche collaudate, senza però dimenticarsi di codificare (cioè di rendere descrivibili e riproducibili) le sue innovazioni.

Le azioni descritte nel Cap.6 sono da considerarsi tecniche dell’operatore, ma non ancora tecniche di intervento, in quanto vengono applicate prima che il gruppo sia nato. In senso proprio chiamiamo tecniche di intervento quelle che vengono applicate dall’operatore dal primo incontro del gruppo in avanti. L’operatore che applica le tecniche può essere il coordinatore o il consulente nei gruppi di lavoro, il formatore nei gruppi di apprendimento. Il coordinatore non è il "capo" ma colui che l’ente genitore o il gruppo stesso indicano come responsabile del funzionamento del gruppo. Il consulente è un operatore esterno al gruppo, inviato dall’ente genitore o chiamato dal gruppo stesso, con il compito di facilitarne il funzionamento. Formatore è una denominazione generica che indica tutti gli operatori attivi nei gruppi di apprendimento. A secondo del ruolo e della situazione il formatore assume il nome di tutor, trainer, docente, facilitatore, conduttore, coordinatore.

Le tecniche di intervento nei gruppi possono essere classificate in molti modi. I paragrafi che seguono si basano su questa tassonomia in sette aggregazioni:

  • Per grado di strutturazione: non strutturate; strutturate
  • Per focus: etero-centrate; auto-centrate
  • Per finalità: direttive; attive; riflessive
  • Per obiettivi: diagnostiche; illuminanti; accelerative; addestrative
  • Per linguaggio: verbali; non verbali
  • Per bersaglio: cognitive; emotive; strumentali
  • Per funzione: correttive; interpretative; supportive; provocatorie
  • Per riferimento: individuali; gruppali

Se lo spazio piano lo consentisse, la classificazione sarebbe rappresentata da un solido a 8 dimensioni. Ogni dimensione comprende più classi. Ciascuna classe comprende un pressoché infinito numero di tecniche basiche. Il solido può diventare una specie di cubo di Rubik, nel quale ogni tecnica può contenere il carattere di una o più dimensioni ed uno o più raggruppamenti.

Classificazione per

Tav.6-Raggruppamenti di tecniche

carattere

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

Finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolativa

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

La tavola 6 descrive, nelle caselle grigie, il sociogramma moreniano (v.Cap. 7.8.), che è una tecnica a carattere strutturato, con un focus autocentrato e finalità direttiva, con obettivo diagnostico, basata sul linguaggio grafico, che punta ad un incremento di conoscenza, offre un’interpretazione della struttura del gruppo e si riferisce al gruppo come insieme. Lo stesso sociogramma moreniano o le sue varianti, potrebbe anche caratterizzarsi con elementi differenti della tabella. Pur restando sempre una tecnica strutturata e direttiva, il sociogramma potrebbe anche avere un obiettivo diverso (per esempio, una presa di coscienza di ruoli marginali). Potrebbe sempre essere non verbale, ma invece che ricorrere al linguaggio grafico, potrebbe basarsi su quello corporeo, preferendo di conseguenza un bersaglio più emotivo con magari una funzione più provocatoria.

Classificazione per

Tav.7-Raggruppamenti di tecniche

carattere

non strutturate

strutturate

Focus

etero-centrato

auto-centrato

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

correttive

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

La nuova tavola indica le bande di oscillazione del sociogramma che ha una certa plasticità circa gli obiettivi, i bersagli e la funzione ma è rigido per quanto concerne il carattere, le finalità, il linguaggio ed il riferimento. Ogni tecnica presentata nei paragrafi seguenti sarà presentata, per motivi di spazio, solo sulla base una tabella che indica la sua vocazione principale. Per concludere questo paragrafo introduttivo ricordiamo una frase di Carl Rogers (1976): "Ho passato la vita ad imparare tutte le centinaia di tecniche esistenti, per avere la libertà di non usarne mai nessuna".

7.1. La classificazione per grado di strutturazione: le tecniche d’intervento diretto o non strutturato.

La classificazione di tecniche per grado di strutturazione contiene due grandi raggruppamenti. Il primo è quello delle tecniche di intervento diretto o non strutturato. Si tratta di tecniche verbali o non verbali che l’operatore usa senza attivare alcuna particolare strutturazione del gruppo o dell’attività. Sono tecniche di intervento nel gruppo così com’è. Si tratta di comunicazioni o comportamenti, in genere di breve durata, che l’operatore esprime nel corso del compito ordinario che il gruppo sta svolgendo. Come si vede dalla tavola 8 che segue, si tratta di tecniche ad ampio spettro, molto plastiche. Il loro punto critico risiede nel fatto che non essendo strutturate nè strutturanti, legano la loro efficacia alla sola risorsa dell’operatore. Il loro uso è dunque dipendente dalle capacità e dall’esperienza di questi, che deve possedere ritmo, tono e stile adeguati.

Classificazione per

Tav.8-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

Strutturate

finalità

direttive

attive

Riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

stimolative

emotive

Strumentali

funzione

correttive

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Questa classe di tecniche comprende le comunicazioni verbali, fra le quali elenchiamo gli interventi principali.

  • Punitivo (per esempio "stiamo lavorando male")

Si tratta di interventi giudicanti, svalutativi, colpevolizzanti da usare con molta prudenza e comunque mai verso singoli individui. Nel gruppo, in base al principio dell’interdipendenza, non ci sono membri stupidi, svogliati o aggressivi, ma comportamenti disfunzionali prodotti dal campo. Poiché l’operatore rappresenta un polo affettivo ed un’autorità, gli interventi negativi possono avere un effetto frustrante e paralizzante. O possono far emergere fantasmi di valutazione. E tradursi in una crescente aggressività verso lo stesso operatore.

  • Correttivo (come "non parliamo tutti insieme")

Questi tipi di intervento sono attenuazioni dei precedenti. Hanno il difetto di contenere impliciti elementi punitivi, ma li attenuano con una sfumatura costruttiva. Se l’operatore è credibile, gli interventi correttivi ottengono qualche effetto. Lo perdono invece se vengono reiterati troppo spesso o se la situazione da correggere nasce da un serio problema del gruppo.

  • Supportivo (del tipo:"stiamo tutti dando il massimo")

Gli interventi supportivi sono in genere graditi, se non si colorano di tonalità paternalistiche o manipolative. Sono efficaci se rivolti al gruppo come insieme. Se diretti a singoli, rischiano di caratterizzarli come ruoli deboli e bisognosi di compassione. O di creare una percezione di alleanza o preferenza fra l’operatore e un membro.

  • Interrogativo ("chi vuole aggiungere qualcosa?")

Questi interventi sono abbastanza efficaci, perché non valutativi e solitamente mobilitanti. Possono diventare inibenti se diretti ai singoli che sono in difesa da astensione, ma d’altronde possono anche stimolare, se vengono vissuti come forma d’interessamento.

  • Informativo (per esempio: "io so questo")

Tutte le informazioni utili, in possesso dell’operatore, dovrebbero essere comunicate al gruppo. Dare notizie, dati, informazioni, nozioni consente al gruppo di evitare rallentamenti inutili, dibattiti superflui, finte ricerche. Naturalmente stiamo parlando di informazioni e non di opinioni o ipotesi.

  • Riassuntivo ("finora abbiamo fatto questo e quest’altro")

La partecipazione al gruppo è per ogni singolo membro segnata da una visuale parziale. Ognuno è concentrato su quello che sente e vede qui ed ora o su quello che egli stesso dice o sta per dire. Dopo un certo tempo, il numero degli scambi è talmente intenso da assumere l’aspetto di un groviglio insensato. L’operatore può usare l’efficace tecnica del riassunto per fare il punto della situazione. Segnalando le principali posizioni, i nodi affrontati e quelli rimasti sospesi, il lavoro già fatto. E’ importante che gli interventi riassuntivi siano molto equi. Essi non devono essere un modo per veicolare la visione dell’operatore, né un trucco per sottolineare le posizioni gradite e trasurare quelle sgradite. La mancata equità negli interventi riassuntivi è un rischio per l’operatore, che crea frustrazioni e incrina la sua immagine di equidistanza.

  • Chiarificativo ("mi sembra che la situazione sia questa")

La tecnica degli interventi chiarificativi si basa sull’idea che l’operatore non deve dirigere o influenzare, ma aiutare il gruppo ad avere chiare la propria situazione e le proprie scelte. La chiarificazione serve a illuminare il gruppo su un fatto oscuro o confuso; serve a confermare che la posizione di un membro sia esattamente compresa da tutti; serve a garantire che ciò che viene detto sia compreso nel modo in cui l’emittente desidera.

  • Propositivo ("dovremmo fare questo; propongo che….")

Questo raggruppamento di interventi è molto utile nei gruppi di lavoro. Spesso succede che questi gruppi cadano in impasses non derivanti da processi o dinamiche disfunzionali, ma per mera mancanza di idee o esperienze. L'operatore è anche una risorsa metodologica e tecnica, e dunque da esso il gruppo si aspetta proposte. Il problema nasce quando le proposte diventano ordini mascherate col sorriso, provocando un senso di manipolazione. Oppure quando le proposte sono tante da mettere il gruppo in posizione di delega passiva.

  • Provocatorio (per esempio: "mi sta venendo sonno!")

Gli interventi provocatori sono uno strumento potente e pericoloso, che un operatore deve usare solo se è esperto. Questa tecnica, quando è bene usata, produce vistosi movimenti, in quanto "chiama fuori" il gruppo, lo spinge a reagire, ad esprimersi, ad allentare le difese. L’efficacia è bilanciata dalla rischiosità, perché la provocazione può essere respinta al mittente o aumentando le difese o trasformandosi in reazione aggressiva.

  • Interpretativo ("parliamo per nascondere una paura")

Il raggruppamento degli interventi interpretativi comprende tutti i tentativi dell’operatore di decodificare la situazione, di disoccultare le dinamiche sottostanti, di rendere manifesto un processo o una dinamica invisibili al gruppo. Oltre al fatto che questi interventi non sono facili, presentano il rischio di incrementare le difese di astrazione. Specie nei gruppi connotati da medio o alto livello intellettuale (come sono tutti i lavoratori del settore immateriale) le interpretazioni possono influenzare il gruppo verso una vita pensata anziché vissuta. Se però l’interpretazione riesce, gli effetti a cascata sono spesso vistosi.

  • Metaforico ("questa situazione mi ricorda…")

Questa è la categoria regina delle tecniche di intervento. La metafora, per la sua ambiguità cognitiva ed evocatività emotiva, produce sempre disequilibri nel campo che la recepisce. Essa riesce simultaneamente a produrre sismi nel campo razionale e in quello affettivo. La tecnica ha anche scarse contro-indicazioni: se non si usano metafore volgari o sgradevoli, il peggio che capita è che nessuno tenga conto dell’intervento. Purtroppo la metafora nasce su un terreno di ampia cultura condivisa fra operatore e gruppo, richiede creatività e originalità, è altamente sensibile al modo di espressione. In un certo senso è come la barzelletta. Che fa ridere se tocca una cultura comune ai presenti, se è nuova e se è raccontata bene.

Nella classe degli interventi diretti o non strutturati sono compresi anche quelli non verbali, del tipo seguente:

  • Il contatto oculare.

E’ noto che gli occhi comunicano. Lo sguardo è il primo dei sensi sociali, cui segue l’udito. Prima guardiamo qualcuno, poi parliamo. Il tatto, il gusto e l’olfatto sono oggi sensi privati. La vista non è solo il senso della ricerca di dati, del controllo del campo, della segnalazione del pericolo. Gli occhi non hanno solo una valenza funzionale. Lo sguardo comunica interesse, curiosità, solidarietà. Sentirsi guardati equivale a sentirsi valorizzati. Guardare significa attirare e farsi attrarre. L’operatore di gruppo deve usare lo sguardo come un riflettore circolare, che illumina il campo, nel duplice senso di metterlo sotto la luce per vederlo e di metterlo in luce per valorizzarlo. Durante l’intera riunione, lo sguardo dell’operatore deve incontrare ciclicamente gli occhi di ciascun partecipante. Gli occhi dell’operatrore non devono mai staccarsi da quelli dei singoli membri, ma nemmeno fermarsi troppo su uno solo. Uno sguardo insistito su un partecipante lo mette in imbarazzo, ma rischia anche di produrre negli altri sentimenti di esclusione. Lo sguardo deve anche essere curioso, benevolo, empatico ma mai troppo espressivo dei sentimenti dell’operatore. Operatori che con gli occhi fulminano i partecipanti antipatici, o sostengono quelli simpatici, sono semplicemente incauti. In tal modo si giocano la posizione di equidistanza che è uno dei punti di forza dell’operatore di gruppo. Operatori che insistono nel guardare le partecipanti più graziose, sono in aggiunta, eticamente scorretti.

  • La prossemica, la postura, la gestualità e la mimica.

La prossemica è la collocazione di diversi corpi nello spazio. La postura è la posizione del corpo. La gestualità è il movimento degli arti. La mimica è il movimento del viso. Il modo con cui i corpi dei membri di un gruppo si collocano nello spazio, può offrire molti elementi di lettura. Il membro in dissenso si isola anche fisicamente; il leader occupa solitamente il centro; chi vuole confliggere con qualcuno gli siede di fronte; gli amici si siedono vicini. I membri di un gruppo che si ritrova spesso, tende a ripetere sempre lo stesso ordine di seduta. Interessante è il fatto che non solo la prossemica consegue alle relazioni, ma in una certa misura essa le influenza. Per cui persone che si trovano sempre sedute accanto, familiarizzano più facilmente di persone che si trovano sempre lontane. Un intervento possibile dell’operatore è quello di mutare posizione ad ogni incontro. Ciò consente a lui di avere visuali diverse del cerchio, e spinge ogni membro a sperimentare differenti collocazioni.

La postura è la posizione del corpo: tesa o rilassata, chiusa o aperta, chinata in avanti o stesa all’indietro. Ogni postura trasmette messaggi, è insieme causa ed effetto del clima del gruppo e dello stato d’animo di ogni membro. La postura è tanto più visibile quando non esistono tavoli o barriere davanti al corpo. Quando invece esistono, un corpo chino in avanti trasmette più attenzione e concentrazione, di un corpo disteso all’indietro e magari coi piedi sul tavolo. L’operatore può chinarsi a uovo in avanti per stimolare l’impegno, o distanziarsi per allentare una tensione. Anche a tutto sovrintende il principio della equidistanza. Chinarsi in avanti quando parla un membro e allungarsi all’indietro quando parla un altro, invia al gruppo comunicazioni di parzialità.

La gestualità è l’insieme dei movimenti delle articolazioni: braccia, gambe, collo, vita e torace. E’ a tutti noto, specie nei Paesi latini, quanto sia comunicativa la gestualità. Essa può arrivare a trasmettere messaggi precisi, se chi la usa è esperto. Quanto meno, la gestualità invia comunicazioni emotive, sensazioni, impressioni che non vengono recepite consapevolmente, ma che influenzano il clima del gruppo e le relazioni. I movimenti delle mani e delle gambe, i tic nervosi, la manipolazione di oggetti, la scrittura di appunti, la posizione del torace in avanti o ripiegato, la mobilità del collo sono tutti elementi comunicativi. L’operatore di gruppo può usare tutto ciò come tecnica per comunicare qualcosa intenzionalmente. Per esempio, un certo grado di gestualità e mobilità corporea, comunicano naturalezza e apertura. Una postura diritta esprime sicurezza. Le braccia che a volte si allargano suggeriscono l’idea di insieme. O può imparare a leggere questi messaggi per capire ciò che avviene nel gruppo. Perlomeno, l’operatore deve essere consapevole della sua gestualità, per controllarla. Così può astenersi dall’inviare messaggi non equidistanti, o dall’influenzare il gruppo coi propri personali stati d’animo. Possiamo accennare in questo contesto alla gestualità che si traduce nel contatto fisico: strette di mano, pacche sulle spalle, abbracci e baci, carezze, massaggi, camminate sottobraccio (non parliamo dei contatti violenti o esplicitamente sessuali, che sono vietati per legge). Il contatto è una comunicazione di intimità. Come tale, va usato con prudenza dall’operatore, perché può essere vissuto come invadenza o violenza. A parte quando, come vedremo più avanti, il gruppo affronta un’attività corporea, il contatto fisico va escluso in via generale. Ove diventasse un uso abituale del gruppo, mai però indotto dall’operatore, questi dovrà cercare molto attentamente di distribuire equamente gli abbracci, per i motivi già detti. Il ricorso ad una tecnica di contatto da parte dell’operatore si può giustificare solo in casi estremi come per esempio: abbracciare un membro del gruppo che esprime una grave crisi, trattenere per un membro che sta uscendo dal gruppo, fermare un membro che si sta scagliando contro un altro.

La mimica è un grande strumento espressivo e comunicativo. Gli esseri umani parlano col viso. L’operatore deve saper leggere il volto dei membri del gruppo, ma soprattutto usare e controllare il proprio. In particolare, la mimica è una grande spia delle difese, quando è incongrua rispetto alle parole. E’ molto diffuso il caso di chi aggredisce o si dichiara ferito, accompagnando le parole con un sorriso. L’aggressore sorride per mascherare il colpo inferto; la vittima sorride per mascherare la sua fragilità. L’operatore deve guardare alla congruenza fra il sorriso e le parole.

La questione del sorriso è interessante da affrontare. Esso indica accoglienza, disponibilità, allegria; serve a comunicare la non minacciosità del sorridente; crea un clima tonico e caldo. Il fatto è che molti portano il sorriso stampato sul volto, come una ferita grottesca lasciata da una plastica mal riuscita. Il sorriso è stereotipato, come un passe partout universale, una specie di paraurti sociale che trasmette solo falsità e distanza. Chi lo riceve, capisce benissimo che quel sorriso non è rivolto a lui, ma a chiunque. Sente che esso non serve ad accogliere, ma a farsi accogliere. E cosa mi riserva, uno che, per farsi accogliere, deve sorridere in modo tanto insistente e sguaiato? Il sorriso, come le altre figure mimiche, deve essere congruente con lo stato psicologico interno e col legame esistente con l’altro. Il sorriso deve essere autentico e personalizzato.

  • La voce e il respiro.

Il timbro, il tono , il colore, il volume della voce sono un grande strumento di intervento. Un operatore di gruppo dovrebbe riuscire a controllare o plasmare la propria voce in modo da servirsene intenzionalmente. Una voce bassa e monotona può essere utile in un gruppo dove tutti gridano confusamente. Una voce greve con una scansione lenta delle parole può amplificare l’effetto di una metafora. Una voce argentina ed allegra può stimolare l’energia. Una voce alta con un tono deciso, può dare fine a una sequela di comunicazioni inutili. Come in precedenza, l’operatore può usare queste tecniche di intervento, ma può anche usare queste conoscenze per leggere e capire la vicenda del gruppo. Una certa importanza è attribuibile all’uso del respiro, nel senso che un buon modo di respirare, ritmico e profondo, consente all’operatore un maggiore controllo della propria emotività. Così come l’osservazione del respiro dei partecipanti offre alcune importanti indicazioni sul loro stato d’animo.

  • Il silenzio e la non risposta.

Una tecnica molto efficace fra quelle non strutturate è il silenzio. L’operatore di gruppo non è più valido quante più parole dice. Di grande aiuto per il gruppo può essere il suo silenzio. Ogni intervento dell’operatore corrisponde alla sottrazione di un intervento possibile di un membro del gruppo. Ogni intervento dell’operatore è una piccola sconfitta dell’autonomia e della possibilità di crescere del gruppo. Ciò non significa che l’operatore deve stare zitto, ma solo che il suo silenzio non è affatto dannoso quanto sembra. L’operatore può stare in silenzio perché non ha nulla da dire, in quanto il gruppo sta andando regolarmente. O perché sta cercando di osservare e capire ciò che succede. O perché sta pensando a cosa dire qualcosa di utile o come e quando dirlo. O perché non sa cosa dire. Pensare in modo solo negativo al silenzio dell’operatore significa dargli un potere che non ha, e significa sottovalutare il gruppo. I gruppi, per fortuna, nascono e crescono in gran parte grazie alle proprie forze. L’operatore è solo un piccolo aiuto in più. Il ruolo dell’operatore non è quello di fare, costruire, modellare il gruppo, tutto da solo. Il suo ruolo è di facilitare attraverso piccoli interventi, l’evoluzione del campo. Il quale, essendo un sistema in equilibrio quasi-stazionario, è estremamente sensibile sia alle condizioni iniziali sia alle perturbazioni emergenti. Compito dell’operatore è creare piccole perturbazioni intenzionali.

Un tipo particolare di silenzio è quello che si configura come mancata risposta. Un partecipante aggredisce l’operatore e questi non risponde, lasciando al primo l’ultima parola. Uno o più membri fanno domande a raffica, il cui scopo non è sapere ma attirare l’attenzione o sedare l’ansia: l’operatore non risponde. Qualcuno fa all’operatore una domanda retorica e non ottiene alcuna risposta. Le mancate risposte sono una tecnica che implica il silenzio non solo verbale ma anche non verbale: né parole, né gesti, né mimica. Appartengono però al raggruppamento delle non risposte anche le risposte finte. Quando ad una domanda all’operatore, questi risponde: "qualcuno vuole soddisfare la domanda del collega?"; oppure "e lei cosa ne pensa?". Quando ad una domanda l’operatore risponde cambiando argomento. Silenzi, non risposte o risposte finte hanno lo scopo di respingere al mittente un tentativo di delega all’operatore; di stimolare il gruppo e cercare nella cooperazione le proprie risposte; di non colludere coi comportamenti regressivi.

  • L’azione.

Agire, comportarsi, muoversi per l’operatore è una possibile tecnica di intervento non strutturata. Alzarsi e girare mentre parla è quasi l’unica azione messa in atto degli insegnanti. Ma la lista delle azioni possibili è molto più ampia. Segnaliamo solo alcune delle azioni più frequenti, e che possono essere considerate interventi non strutturati. Le azioni che l’operatore deve svolgere negli interventi strutturati sono numerose e codificate (v paragrafo successico).

  • Aprire il gruppo all’ora stabilita, a prescindere dal numero dei presenti.

Questa azione serve a tutelare il confine temporale del gruppo e sancisce la sottomissione dell’operatore alle norme formali. Se il gruppo ha un orario di inizio prestabilito, l’operatore che non ne tiene conto, anche se con qualche motivo, mostra di essere al di sopra delle regole, mentre dovrebbe esserne il primo garante.

  • Chiudere al gruppo all’ora stabilita, e uscire dalla stanza anche se qualcuno si sofferma.

Un simile intervento ha le stesse motivazioni del precedente, e funziona come stimolatore del principio di dire tutto nei tempi previsti. Inoltre chi si sofferma al termine di un incontro non è il gruppo ma qualche singolo o sottogruppo: mentre l’operatore è al servizio del gruppo come insieme.

  • Alzarsi ed avvicinarsi alla lavagna, per iniziare uno schema.

L’azione serve ad attirare l’attenzione del gruppo su qualcosa di comune. In genere attenua il vociare confuso e riduce la tensione, oltre a predisporre all’ascolto.

  • Distribuire direttamente o far distribuire il materiale d’uso.

La distribuzione di penne, fogli, dispense, questionari è un servizio al gruppo. Se questa azione viene fatta dall’operatore assume un significato nutritivo, familiare, bonario. Se invece l’operatore ritiene più utile mantenere un ruolo più paterno, autorevole, distaccato, è meglio che l’azione sia richiesta ad uno dei membri.

  • Accettare o rifiutare alimenti o bevande offerte dai membri.

Non sono rari i gruppi nei quali girano continuamente caramelle, o che periodicamente sono allietati dall’arrivo di torte o pizze fatte in casa. L’offerta di questi generi di conforto che il gruppo fa all’operatore può avere due significati diversi. Il primo è quello più ovvio della condivisione: il gruppo coeso e lieto condivide fattori di gioia e coinvolge l’operatore al pari di tutti gli altri membri. Se ne ha voglia, l’operatore accetta; sennò rifiuta gentilmente, spiegando il motivo del rifiuto. A volte però questa condivisione assume le sfumature di una difesa sostituitiva o di una captazione dell’operatore. Il gruppo, invece di elaborare i problemi e le tensioni che attraversa, sostituisce questo lavoro con una specie di festa alimentare. Una festa è tale se si realizza in parallelo o come conclusione di una bella relazione: se sta al posto della relazione, è una difesa. Oppure la condivisione contiene una sfumatura evidente di captazione della benevolenza o dell’attenzione: l’offerta si accompagna alla speranza di pilotare o influenzare l’operatore. In questi casi, un gentile rifiuto, o una non risposta, sono i soli interventi non collusivi.

  • Accettare o rifiutare colloqui o incontri extra gruppo (inclusi quelli durante l’intervallo, al bar, sull’autobus, ecc.).

Uno dei principi aurei del gruppo è che tutto quanto lo riguarda si dice o si fa in gruppo. Naturalmente le difese portano ad evadere da questo principio, utilizzando di frequente le relazioni di coppia, i sottogruppi, o l’informalità. Verso l’operatore, che rappresenta l’autorità, molti singoli tentano di instaurare una relazione privilegiata, sia perché ciò rassicura sia perché differenzia nei confronti degli altri. Specie nelle fasi iniziali del gruppo, è molto frequente che qualche membro cerchi di dialogare con l’operatore nelle situazioni extra gruppo. Se l’operatore accetta, collude con le istanze non gruppali. Non si tratta di essere freddi e staccati, ma gentili e fermi nel contempo: ciò che riguarda il gruppo si fa nel gruppo; se ci sono momenti extra gruppo da condividere l’operatore sta insieme a tutti; se capita all’operatore di trovarsi a tu per tu con un partecipante, la conversazione sarà cordiale ma formale, comunque estranea ai temi del gruppo. In certi casi, è previsto che l’operatore di gruppo si renda disponibile per colloqui individuali extra gruppo. Anche se questo modello resta foriero di confusione dei ruoli e dei piani, è necessario che almeno sia formalizzato nei modi e nei tempi e che l’accesso ai colloqui sia consentito a tutti i membri in egual misura.

  • Condividere o meno col gruppo, i momenti informali.

Spesso succede che un gruppo si trovi a pranzare insieme o, in situazioni residenziali, a condividere numerosi momenti informali, cioè non obbligatori. Cene e pranzi, serate, gite, visite, escursioni, spettacoli sono momenti in certi casi programmati come integrazione del lavoro o dell’apprendimento e previsti come tempi di gruppo. Ciò che succede in questi tempi extra fa parte a tutto tondo dell’iter del gruppo e dunque della competenza dell’operatore. Questi è ovviamente presente: il suo ruolo ed i suoi interventi nel tempo libero sono dello stesso ordine di quelli nel tempo di lavoro. In altri casi invece sono programmati per il gruppo solo certi tempi, mentre altri sono lasciati liberi. In questi casi, come agisce l’operatore? Qualcuno pensa di dover stare col gruppo, in modo da condividerne al massimo le esperienze, e per dare un’impressione di interessamento, cura, calore. Noi riteniamo che un simile intervento ha parecchie controindicazioni. La prima è che, non essendo questi tempi formalmente di gruppo, l’operatore rischia di stare con una parte dello stesso e non con l’insieme. La seconda è che i membri di un gruppo hanno beneficio nel godere di momenti senza pressioni. La presenza dell’operatore produce sempre, sia pure minimo, un senso di controllo, un disagio da subalternità, un vissuto da situazione pubblica. La terza è che l’operatore stesso ha bisogno di momenti di riposo, di sfogo, di privacy che non sono possibili in presenza del gruppo.

  • Restare nella stanza prefissata, anche se tutto il gruppo esce.

A meno che una variazione di luogo non sia formalmente deciso, lo spazio degli incontri di gruppo è uno e sempre lo stesso. L’operatore ha come ruolo primario quello di presidiare e garantire il rispetto delle coordinate spazio-temporali del gruppo. Può succedere che qualcuno proponga di continuare i lavori in altra sede, che è più comoda per i mezzi di trasporto; oppure in giardino, dove è più fresco, o in un’altra stanza, dove ci sono comodi divani. La decisione sembra banale e qualcuno si accoda immediatamente: in pochi minuti più della metà del gruppo ha cambiato spazio. E l’operatore? Seguire l’onda significa annullare le norme del gruppo, e accettare il colpo di mano di quei membri che hanno trascinato tutti verso un altro posto. A volte addirittura è proprio quest’ultima la chiave di lettura giusta: una manovra di potere, l’affermazione di una forza di alcuni su altri, compreso l’operatore. Oltre a ciò, il luogo prescelto per spostarsi, può non avere le caratteristiche ottimali per il gruppo: può stimolare distrazioni, essere meno comodo, non disporre dei sussidi utili. Infine, c’è l’elemento non trascurabile della perdita della "tana" del gruppo, che può diminuire le forze centripete. Ovviamente ci sono gruppi nei quali tutto ciò ha una rilevanza minima. L’obiettivo e la natura del gruppo possono essere tali che tutto passa in secondo piano, rispetto ai contenuti da elaborare e al clima generale di consenso. In tali casi l’operatore abbozza e segue l’onda, sancendo l’insignificanza dei processi e delle dinamiche. In molti gruppi invece i processi e le dinamiche sono importanti o addirittura essenziali, e allora l’operatore resta dov’è, invitando il gruppo che vuole cambiare il luogo prefissato, a prendere una decisione formale (v.4.4).

  • Accettare o rifiutare chiamate o telefonate.

Mentre il gruppo è riunito avvengono spesso le interferenze più strane. Arriva l’usciere che annuncia una chiamata al telefono per un membro o per l’operatore, suona il telefono che c’è nella stanza o un telefonino portatile, apre la porta il dirigente che chiama fuori l’operatore o un partecipante "un attimo solo". Si tratta di un buon numero di distrazioni dal campo, cui l’operatore dovrebbe rispondere opponendo fermi dinieghi. Salvo catastrofi, niente dovrebbe interferire, interrompere, intromettersi nel lavoro che il gruppo sta facendo. Accettare queste distrazioni significa rompere la concentrazione sul campo presente, svalorizzarne l’importanza, rallentare il lavoro.

  • Accettare o respingere intromissioni nel gruppo.

Non è raro che il gruppo sia invaso da estranei. Il marito o padre viene a prendere la partecipante in anticipo e intanto si siede nella stanza. L’uscire che viene a portare o asportare materiali. Il funzionario dell’ufficio vicino che entra "un attimo" per prendere documenti da un armadio. Il capo o dirigente che si ferma qualche momento dopo aver fatto i saluti iniziali, o che entra a metà incontro "per vedere come va". La segretaria che deve chiedere al suo capo, membro del gruppo, una firmetta urgente. Il nuovo partecipante che arriva ma dice subito che "non sa se può fermarsi". Il collega dell’operatore che "passavo di qui". I camerieri che arrivano per preparare i tavoli del buffet. L’inserviente che non ha potuto pulire la stanza prima dell’inizio. Il custode che deve andare via e dunque viene a chiedere "quando concludiamo?". Il membro del gruppo riunito nella stanza accanto che vuole vedere "se qui si lavora meglio".

Lo studente che viene a consegnare un bigliettino per la partecipante carina. Insomma non è raro che il gruppo assuma l’aspetto di un porto di mare. Il gruppo, se ha un senso di appartenenza, difende il suo territorio e la sua privacy . Ma può capitare che la coesione non sia ancora ottimale o che l’intruso abbia uno status di potere tale da mettere il gruppo in soggezione. L’intervento dell’operatore deve allora essere pronto nel tutelare i confini del campo, preparando in anticipo il contesto a non essere invasivo, e impedendo le intrusioni impreviste.

7.2. La classificazione per livello di strutturazione: le tecniche strutturate.

Questa grande classe di tecniche ha uno spettro enorme. In essa comprendiamo tutte le tecniche la cui applicazione prevede una attività strutturata da parte del gruppo. Esse non intervengono nel gruppo così come è, ma in un gruppo che deve assumere forme o espletare compiti particolari. La definizione di strutturate deriva dal fatto che appunto esse danno al gruppo una speciale struttura temporanea, con forma, ruoli, codici, norme, fasi e compito alterati rispetto all’ordinario. Sono tecniche che operano con un gruppo temporaneamente diverso. Il quale viene alterato per il tempo previsto dalla tecnica, e poi ritorna nella configurazione originale, traendo i benefici operativi acquisiti, grazie all’alterazione della forma o per riflettere sull’esperienza conclusa. Questa alterazione della forma gruppale nelle coordinate spazio-temporali e nei principi regolatori, non viene improvisata al momento, come nel caso degli interventi diretti del paragrafo precedente. Deve essere un’alterazione preordinata con esattezza, è somministrata con la massima cura dei dettagli.

Un esempio concreto di questa definizione è offerto dalla classica tecnica di lavoro in sottogruppi, i cui delegati poi riferiscono al gruppo. Il gruppo viene articolato in parti per un periodo limitato e per un obiettivo specifico. Al termine di questa fase i gruppi o i loro delegati si incontrano per mettere in comune i risultati ottenuti. Condiviso i quali, il gruppo torna nella configurazione precedente, ereditando i benefici del lavoro in sottogruppi.

Classificazione per

Tav.9-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

atero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

correttive

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 


Di solito qui finisce la tecnica applicata ad un gruppo di lavoro. In un gruppo di apprendimento, il gruppo intero può anche essere stimolato a riflettere sui processi e le dinamiche sperimentati. Come si vede dalla tavola 9, le tecniche strutturate sono molto plastiche e utilizzabili su un diametro ampio come quello delle tecniche dirette o non strutturate. Presentiamo di seguito le tecniche strutturate per gruppi omogenei.

  • Le tecniche di discussione e confronto.

Questo gruppo di tecniche ha la sua funzione vocazionale nella facilitare dei processi di scambio cognitivo, espressione delle differenze, creazione di codici comuni, esecuzione di compiti a tavolino. Il loro impiego è molto vasto, perché riservato in genere agli aspetti cognitivi, agli scambi verbali, ed ai gruppi etero-centrati (v.Cap.7.3.), che sono la maggioranza dei gruppi in circolazione. Come vediamo nella tabella, le tecniche di discussione e confronto, almeno in via ordinaria, sono efficaci per diverse finalità, ma sono valide solo per obiettivi diagnostici o illuminanti,

Classificazione per

Tav.10-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

atero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

con linguaggio verbale, un bersaglio essenzialmente cognitivo, una funzione correttiva, e riferimenti gruppali o sociali.

Ciò che accomuna questo gruppo di tecniche è l’assegnazione di uno stimolo da parte dell’operatore, sul quale il gruppo è chiamato a sviluppare il massimo possibile di dibattito. Lo stimolo all’attività può essere verbale, scritto, visivo. L’attività può concludersi con una sintesi verbale o scritta, comunicata o agita nel gruppo intero. Ecco un elenco delle tecniche di discussione e confronto, più note ed usate.

  • Individuo, coppie, sottogruppo.

Questa tecnica consiste nella scomposizione del gruppo in parti o sotto-insiemi, cui viene affidato l’approfondimento di un tema. La scomposizione dura in proporzione del tipo di argomento e della profondità di confronto auspicata. Questa tecnica, come le altre che seguono, ha il vantaggio di aumentare il numero degli scambi in un tempo limitato; inoltre offre anche a coloro che sono in difficoltà nel gruppo, di esprimersi in una dimensione meno minacciante.

  • Phillips 6 x 6.

Il nome di questa tecnica deriva dal suo inventore e indica la sua struttura primitiva che si basava su sottogruppi di 6 persone, riunite in tre fasi di 6 minuti ciascuna. La tecnica è molto utile quando, avendo più gruppi compresenti e poco tempo, occorre far approfondire un tema. Immaginiamo che il tema da discutere sia "le cause della disoccupazione giovanile", e che i partecipanti siano 25, riuniti in una sola stanza grande.

Fase 1:

-i partecipanti si aggregano a piacere in sottogruppi di 5

-i sottogruppi vengono invitati a discutere il tema per pochi minuti (10-15 a seconda della situazione), pervenendo ad una scelta delle 4 cause principali della disoccupazione

-le 4 cause decise da ogni sottogruppo devono essere riportate su un foglio da ciascun membro.

Fase 2:

-l’operatore consegna ad ogni membro di ciascun sottogruppo una lettera dell’alfabeto (A,B,C,D,E)

-i partecipanti vengono ora invitati ad aggregarsi in base alla lettera posseduta; si creano così 5 sottogruppi: uno con tutti coloro che hanno la lettera A, uno con tutti i B e così via

-l’operatore assegna ora a ciascun sottogruppo il compito di ridiscutere il problema, pervenendo in 20-30 minuti (il doppio della fase precedente) ad una nuova lista comprendente solo le 4 cause più importanti della disoccupazione; i partecipanti dovranno discutere e mediare sulle 20 voci che si trovano, al massimo, come eredità della prima fase.

Fase 3:

-al termine della fase precedente, l’operatore chiede a ciascun sotto-gruppo di scegliere un delegato cui affidare la difesa delle 4 cause individuate

-i delegati vengono invitati a sedersi in cerchio al centro della stanza, mentre gli altri partecipanti siedono in un cerchio esterno; il gruppo dei 5 delegati viene ora invitato a discutere per produrre (in 30 minuti) una nuova lista comune delle 4 cause principali della disoccupazione; l’operatore alla lavagna, scrive i punti via via che vengono decisi.

Al termine della terza fase si può discutere tutti insieme sui risultati ottenuti o sui processi e le dinamiche sperimentate. Si può anche procedere ad una votazione dei punti indicati dai delegati, per verificare il grado di consenso ottenuto. Infatti, se il processo e le dinamiche sono stati funzionali, dovrebbe accadere che i punti finali rappresentano largamente l’opinione di tutti.

Questa tecnica, con le infinite varianti possibili, è molto utile per promuovere un confronto ampio in un tempo limitato.

  • Acquario.

Il nome di questa tecnica indica chiaramente la situazione. Un sottogruppo viene invitato a sedersi in cerchio al centro della stanza. I membri restanti sono invitati a sedersi in un cerchio esterno e restare in totale silenzio per la durata dell'attività. Il sottogruppo al centro viene invitato a confrontarsi su un tema o problema per un certo tempo (variabile in base al tema ed alla situazione del gruppo). Al termine si discute tutti insieme, oppure (variante chiamata del "doppio acquario") il sottogruppo esterno si mette al centro, per ridiscutere lo stesso tema, mentre quello interno prende il ruolo di osservatore.

  • Confrontazione.

Questa tecnica è utile nei casi di compresenza di due categorie distinte e magari conflittuali. Gruppi formati da insegnanti e genitori, maschi e femmine, vecchi e nuovi membri, o sostenitori di tesi antagoniste. Il gruppo viene scisso temporaneamente in due sottogruppi omogenei, che lavorano in due stanze diverse. Nella prima fase ogni gruppo viene invitato a discutere un tema, scrivendo per punti, su un grande foglio murale, le proprie posizioni e quelle che presumibilmente sosterrà l’altro sottogruppo. Nella seconda fase i due sottogruppi si incontrano nella stessa stanza, seduti uno di fronte all’altro e presentano i propri fogli murali. Scopo di questa lettura è identificare: quanto ogni gruppo conosce davvero l’altro, quanto i pregiudizi annebbiano le relazioni, quali siano i reali puti di divergenza. La terza fase può essere una discussione del gruppo intero, oppure un ritorno in sottogruppi per discutere le possibilità di mediazione o di sintesi fra le parti, cui segue una quarta fase di negoziazione.

  • Le tecniche di raccolta dati.

Questo gruppo di tecniche è simile al precedente, come si vede dalla tabella. Le varianti stanno nella vocazione per gli obiettivi di accelerazione più che di illuminazione, per la funzione interpretativa oltre che stimolativa, per la possibilità di riferimenti individuali accanto a quelli gruppali e sociali.

Classificazione per

Tav.11-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

atero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

    • Riscaldamento.
 

Possiamo inserire in questo gruppo tutte le tecniche strutturate che servono a "riscaldare" un incontro di gruppo. Perlopiù queste sono applicate nei primi incontri, o nei primi minuti delle varie riunioni, se queste sono intervallate fra loro in modo sensibile. Inseriamo le tecniche di riscaldamento nel gruppo della "raccolta" dati perché in genere esse puntano a stimolare l’apertura e lo scambio di informazioni fra i membri. Appartengono a questo gruppo:

-le tecniche di autopresentazione (dal semplice giro di tavolo a sistemi più strutturati o creativi di presentazione verbale - racconti del proprio passato, dichiarazioni circa i propri hobbies e gusti - o non verbali, tramite fotografie, collages, disegni, azioni mimiche, ecc.)

-le tecniche di apertura (con strutturazione minima come nel caso della tecnica della "frasi da completare", o maggiore come nel caso della famosa Johary Window)

-le tecniche di socializzazione e conoscenza (infinite attività tendenti a far approfondire le relazioni interpersonali).

  • Ricerca d’aula.

Si tratta di un insieme di tecniche mirate, attraverso una vera e propria ricerca, a aumentare le conoscenze relative ad un particolare tema o ai partecipanti. Si basa sulla consultazione di materiale documentale, sulle interviste e i questionari, sui colloqui in profondità, su test proiettivi usati come base per un approfondimento non tecnico, ma gruppale. Una particolare applicazione di questa tecnica è quella che avviene nel processo di evaluation.

  • Le tecniche di ideazione.

Questo gruppo ha ascendenze molto lontane nella sinettica di Gordon (1961) e nella analisi immaginativa di Assagioli (1973).

Come si vede dalla tabella si tratta di tecniche non impiegate con finalità riflessive, ma per la ricerca di "insight"(illuminazioni), lampadine che si accendono. Sono le tipiche tecniche per favorire la creatività e l’invenzione. Possono essere verbali, ma fanno grande ricorso alla comunicazione non verbale (mentale, grafica, musicale, ecc.).

Classificazione per

Tav.11-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

    • Brain storming
 

E’ la tecnica più famosa del gruppo. Usata per facilitare la espressione di idee e associazioni, libere da censure. La strutturazione prevede una fase di rilassamento, una fase di produzione di idee caotica, anche paradossale e libera da critiche e autocritiche, ed una fase finale di selezione sulla base di criteri razionali condivisi. La tecnica è molto usata per la scelta dei titoli dei libri o del giornali, e dei nomi dei prodotti di largo consumo.

  • Mappa mentale

Esistono molte varianti di questa tecnica, ma essenzialmente essa consiste nella stesura su lavagna, da parte dell’operatore, delle libere associazioni che il gruppo fa intorno ad un concetto. Il risultato a breve è il disegno di una rete o un albero di concetti associabili fra loro anche in modi nuovi e originali.

  • Fantasie guidate

Questo gruppo di tecniche funzionano sia come propedeutiche a quelle ideative in genere, in quanto hanno effetti di rilassamento, sia come produttive di idee in sé. L’operatore parla al gruppo che sta in posizione rilassata (magari sdraiato su tappeti, ad occhi chiusi e con musica in sottofondo), inducendo una serie di immagini evocative. Naturalmente la fantasia deve avere legami metaforici col problema che interessa e deve essere condotta in modo aperto, lasciando cioè agli ascoltatori la possibilità di riempire il racconto con immagini, figure, idee personali.

  • Le tecniche di produzione.

Si tratta di un gruppo di tecniche atte a stimolare il fare, costruire, produrre del gruppo. Il gruppo comprende le tecniche di organizzazione del lavoro (v.4.4.), ma anche il ricorso a linguaggi espressivi eterodossi. Sono tecniche caratteristiche nei gruppi con obiettivi addestrativi e bersagli strumentali. La loro efficacia infatti si dispiega nelle fasi di addestramento dei gruppi di apprendimento e quando l’attività punta ad ottenere benefici operativi nei gruppi di lavoro.

Classificazione per

Tav.12-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

Strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

Riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

Addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

Strumentali

funzione

stimolative

interpretative

supportive

Provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

Sociali

 

Poiché delle tecniche di gruppo operativo abbiamo già parlato altrove, qui ci limitiamo a citare gruppi di tecniche di produzione diffuse nei gruppi di apprendimento.

  • Esercitazioni analogiche.

Si tratta di tecniche basate sull’affidamento di un compito, la cui natura è analogica rispetto alla realtà. Per esempio, il gruppo deve costruire una barca di carta lunga 2 metri che galleggi. Oppure una statua, con materiali di recupero, alta 4 metri. Seguendo le istruzioni di una scatola di montaggio, il gruppo deve costruire un aeromodello o un grande oggetto col meccano. Oppure il gruppo deve completare un grande puzzle tridimensionale. Queste attività richiedono che il gruppo si organizzi, decidendo modalità, ruoli e procedure in ordine al compito, più o meno come farebbe nell’espletamento di un lavoro vero.

  • Esercitazioni addestrative.

Questo gruppo di tecniche appartiene a quello che gli anglosassoni chiamano "imparare facendo" (learning by doing). Esse consistono nella esercitazione in aula sui compiti da apprendere: fare un "capolavoro" manuale, gestire un’impresa virtuale tramite computer (business game), realizzare un manifesto pubblicitario. Queste tecniche sono addestrative se i membri del gruppo sono rispettivamente meccanici, contabili o grafici.

  • Compiti reali.

Nei gruppi di lavoro, i compiti reali sono il motivo di esistenza. Quindi non possono considerarsi interventi dell’operatore, a meno non si tratti di compiti eccentrici rispetto la natura del gruppo. Per esempio, l’operatore potrebbe proporre ad un gruppo aziendale la realizzazione di un compito ricreativo (una festa) o benefico (la pulizia di un bosco), come tecnica per diluire tensioni interne. Nei gruppi di apprendimento invece, la cui natura principale è apprendere e non fare realmente, esiste un gruppo di tecniche chiamate di "action learning", apprendimento attraverso l’azione. Queste si differenziano dalle precedenti tecniche analogiche e addestrative, perché non si estinguono nell’aula, nel laboratorio o in una situazione artificiale, ma si espletano nel mondo reale. Queste si possono considerare tecniche ponte fra i gruppi di apprendimento e i gruppi di lavoro. Per esempio, invece di gestire un’impresa virtuale, il gruppo attiva una vera piccola impresa con finanziamenti veri, prodotti o servizi da vendere a clienti reali. Invece di realizzare un prodotto grafico inventato dal gruppo, si risponde alla domanda di un cliente reale. Invece di organizzare un servizio di ristorazione all’interno della scuola alberghiera, si effettua un servizio concreto presso un cliente esterno.

  • Le tecniche di problem solving

Questo gruppo di tecniche è noto a tutti coloro che hanno sperimentato i famosi problemi della scuola dell’Obbligo. "La mamma di Luigi va al mercato e compra 8 chili di frutta, spendendo in tutto 22 mila lire. Sapendo che…." è il paradigma di tutti i problem solving.

Classificazione per

Tav.13-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

Non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

Direttive

attive

riflessive

obiettivi

Diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

Cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

Individuali

gruppali

sociali

 

Come si vede dalla tavola 13, si tratta di tecniche strutturate, direttive, adatte per obiettivi di accelerazione o addestramento, e bersagli cognitivi (nel caso dei "giochi" anche emotivi), essenzialmente verbali e con funzioni stimolative. Ciò che accomuna questo gruppo è che presenta, in forme varie, un problema da risolvere.

  • Casi e casi critici.

Questo gruppo comprende le tecniche che si basano su situazioni ordinarie e critiche reali, che il gruppo deve leggere e discutere, per prendere una decisione in merito. Le situazioni sono solitamente prese dall’esperienza reale e riguardano da vicino il mondo del gruppo. Per esempio, un gruppo di apprendimento fatto di operatori della selezione, deve decidere chi assumere fra un certo numero di candidati descritti. Un gruppo di lavoro è invitato a decidere quali reazioni dovrà avere in un caso di emergenza ipotetico. I casi possono essere individuali, gruppali, organizzativi o sociali. Essi potranno essere a soluzione obbligatoria (una sola risposta è giusta) o discrezionale (ogni risposta è accettabile, purché motivata). Essendo queste tecniche legate alla realtà dei partecipanti, il loro impatto è sostanzialmente cognitivo.

  • Giochi decisori.

Questo è un amplissimo gruppo di tecniche basate sulla presa di decisione. Vengono chiamate giochi, in quanto non sono a risposta binaria (giusto/sbagliato) ma hanno un "gioco" discrezionale, ed in quanto non hanno mai una diretta relazione con le conoscenze tecniche del gruppo. La potenza di queste tecniche deriva proprio dalla loro lontananza dalla realtà del gruppo. Questo scostamento favorisce una forte immersione emotiva, come in tutti i giochi. La distanza dal reale allenta le difese e consente una espressione più autentica "tanto è un gioco". La fase successiva alla decisione, consente un’analisi fruttuosa dei comportamenti messi in gioco.

  • Le tecniche corporee.

Questo gruppo si caratterizza per mettere in secondo piano la funzione verbale ed in primo piano quella corporea. In genere si tratta di attività espletate in silenzio, cui segue un momento di riflessione verbale. La valenza principale di queste tecniche è di avere come bersaglio la sfera emozionale. Mentre la parola è uno strumento molto culturale e dunque di più facile uso per le difese, il corpo consente espressioni meno mediate. D’altronde questo carattere rende tali tecniche molto direttive e coattive. Perciò vanno usate con delicatezza. Se usate con disinvoltura possono infatti coartare il libero consenso dei partecipanti, e produrre, reazioni aggressive. Per esempio, invitare un gruppo ad "esplorare le proprie relazioni col solo tatto", oppure chiedere ai membri di "massaggiarsi l’un l’altro" può avere un senso in particolari situazioni. Ma nella maggioranza dei casi provoca un imbarazzo seguito da rifiuto, o se la pressione di gruppo è forte, produce una partecipazione coatta, seguita da imbarazzo, senso di colpa e aggressività.

Classificazione per

Tav.14-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

Direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

    • Consapevolezza ed equilibrio corporeo.
 

Queste tecniche si propongono di migliorare lo stato corporeo dei singoli e quindi il clima del gruppo come insieme. Tecniche si respirazione, di rilassamento, di meditazione, di movimento e di massaggio; psicomotricità, training autogeno, tecniche yoga, zen e New Age: il campionario delle tecniche corporee è sterminato. Per il loro carattere, hanno un riferimento individuale, mentre il gruppo ne gode effetti indiretti.

  • Espressività corporea.

Questi tipi di tecniche hanno una valenza espressiva, invece che introspettiva. Si tratta di tecniche che stimolano a parlare col corpo invece che con la voce: il training teatrale, il mimo, l’animazione corporea, la danza moderna o popolare.

  • Socialità corporea

Questo gruppo di tecniche si caratterizza per stimolare le relazioni corporee o le espressioni del gruppo intero, attraverso i corpi individuali. Il repertorio di questo gruppo nasce dall’incontro fra le tecniche di gruppo e le tecniche corporee individuali. Esempi di tecnica finalizzata a stimolare le relazioni corporee sono:

  • La passeggiata cieca (un membro bendato, viene portato a spasso da un altro membro che lo tiene per mano)
  • La caduta (un membro a occhi chiusi, senza spostarsi né piegare le gambe, si lascia cadere all’indietro e un altro membro, distante circa mezzo metro, lo trattiene dal cadere)
  • La spinta (due membri si fronteggiano al centro della stanza , palmo contro palmo; al via ognuno deve cercare di spingere l’altro contro il muro opposto)

I primi due esercizi esplorano la fiducia e la responsabilità interpersonali; il terzo invece è centrato sull’aggressività e l’ostilità.

Esempi di tecnica corporea finalizzata all’espressione di gruppo:

  • Il sollevamento (un membro si sdraia con le mani lungo i fianchi e le gambe unite; il gruppo intero lo solleva e lo porta in giro per la stanza)

Tecnica per esplorare la fiducia verso il gruppo ed il calore che da questo promana.

  • Dentro/ fuori la torre (il gruppo si stringe sottobraccio e forma una torre con un piccolo vuoto nel mezzo: un membro deve cercare di uscire o entrare, malgrado il gruppo si sforzi di non lasciare passaggi)

Tecnica centrata sul problema dell’appartenenza (da fuori a dentro) e dell’emarginazione (da dentro a fuori).

  • La fila del potere (tutti i membri del gruppo, in cinque minuti e senza parlare, devono costruire una fila che indica l’ordine di importanza nel gruppo in un dato momento; ciascuno si mette nel posto che ritiene opportuno, ma può anche venire messo o spostato in un certo posto dagli altri membri)

Questa tecnica esplora la struttura di potere presente.

Come si vede, queste tecniche corporee da una parte hanno un effetto di locomozione energetica perché richiedono un movimento, dall’altra consentono una decodifica dal corporeo al verbale e dal simbolico al concreto.

  • Le tecniche di simulazione.

Questo gruppo di tecniche, come si vede nella tavola, è molto plastico. Esse possono essere impiegate con diverse sfumature e per svariati risultati. Sono poche le attività di gruppo già descritte che non possano essere applicate sotto forma di simulazione. Il principale carattere della simulazione consiste nell’entrare nei panni di, comportarsi come se: la radice di queste tecniche risiede nella tradizione teatrale.

Classificazione per

Tav.14-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Fra i tanti gruppi di tecniche appartenenti a questa classe, ne citiamo due.

  • Role-playing.

Questo gruppo comprende tutte le varianti dei giochi di ruolo. Recentemente il termine "giochi di ruolo" viene usato per indicare giochi di gruppo, che sono varianti del vecchio gioco dei "soldatini". Ogni membro prende una carta di ruolo che prevede caratteristiche del personaggio che poi agirà in una storia inventata da un "master" e sulla base di regole aleatorie (dadi, sorteggi, carte ecc.). Il giocatore fa agire il suo personaggio, ma non lo interpreta direttamente. Invece il role-playing, in tutte le sue varianti, prevede che ogni membro del gruppo reciti personalmente un ruolo, un personaggio, una situazione. Dove però l’attenzione non è posta sul personaggio o ruolo giocato, ma sulla interpretazione dell’attore. E tale interpretazione non è analizzata sul piano estetico, come in teatro, ma sul piano personale. Nei giochi di ruolo oggi in voga esiste una netta separazione fra il personaggio e il giocatore. In teatro la separazione è meno netta, ma ciò che conta è la capacità recitativa. Nei role-playings, come in tutte le vere simulazioni, l’attore è il personaggio, e ciò che conta è il tipo di immedesimazione e le reazioni comportamentali che essa induce. Il role-playing può essere gestito in diverse modalità, fra le quali:

  • A ruoli prescritti (un membro del gruppo fa il venditore che deve usare tecniche prefissate, e cerca di convincere un altro che ha il ruolo di compratore)
  • A ruoli generici (nel gruppo vengono distribuiti ruoli generici come il padre, la madre, lo zio, un vicino, i tre figli e si "gioca" una riunione familiare)
  • A situazione (l’operatore assegna al gruppo una situazione lasciando a ciascuno la libertà di scegliere un ruolo qualunque e interpretarlo liberamente).

La gestione del ruolo da parte dell’operatore prevede svariate tecniche come: proporre una inversione dei ruoli a metà della rappresentazione; far giocare il role-playing a tutto il gruppo o a un sottogruppo in acquario; introdursi in ogni momento come ruolo nuovo; mettersi dietro le spalle di un membro ed agire il ruolo di questi in modo alternativo.

  • Laboratori.

Con questo termine si intendono tutte le tecniche di simulazione che impiegano più gruppi in parallelo, chiamati a simulare una organizzazione o una comunità. In genere queste tecniche hanno un tempo dilatato (da 30 a 80 ore e più) e vengono applicate con almeno tre gruppi. I partecipanti vengono inseriti all’inizio in una situazione simulata a grandi linee, e poi succede ciò che produce la libera interpretazione e interazione fra tutti gli attori.

  • Business games

Si tratta di tecniche a interazione diretta o più spesso informatica, che simulano un mercato nel quale ogni gruppo è un’impresa.

  • Climi organizzativi.

Questa tecnica prevede che i gruppi partecipanti interagiscano in modo molto poco strutturato, mentre gli operatori analizzano processi e dinamiche come se il laboratorio fosse un dispositivo di simulazione di un’organizzazione.

  • Laboratori fantasy

Questa tecnica è una evoluzione della precedente. Invece di immergere i partecipanti in una situazione destrutturata, qui i gruppi vengono coinvolti in una situazione fantastica delineata a linee molto generali. Per esempio: siamo 3 gruppi di navigatori rinascimentali che sbarcano un’isola deserta e devono organizzarsi. Oppure siamo 5 gruppi di persone fra i quali ci sono sicuramente degli extra-terrestri da individuare e isolare. Dallo stimolo di avvio i partecipanti attivano interazioni interpersonali, gruppali e intergruppali del tutto liberamente. L’intero materiale emerso viene agito momento per momento dall’operatore e analizzato collettivamente al termine dell’esperienza.

7.4. La classificazione per focus: le tecniche etero-centrate..

Possiamo classificare le tecniche di gruppo anche secondo la variabile del focus. Con questo termine intendiamo il punto di maggiore concentrazione del gruppo e dell’operatore, il centro del patto per cui il gruppo nasce. La stragrande maggioranza dei gruppi di lavoro e di formazione nasce con un focus etero-centrato. Cioè centrato su qualcosa di diverso ed esterno dal gruppo: un contenuto scientifico o professionale, un compito a tavolino o sul campo, un ordine del giorno politico o amministrativo. In queste situazioni il gruppo-dispositivo è il soggetto che lavora o che apprende su un oggetto separato da esso. Si tratta di una separazione relativa perché la realtà è sempre come l’occhio di chi la guarda. Tuttavia questa separazione anche modesta, fa del contenuto un obiettivo e del gruppo un mezzo per raggiungerlo. I gruppi etero-centrati, come si vede dalla tabella, sono molto numerosi in quanto rispondono a diverse classificazioni.

Classificazione per

Tav.15-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Il loro uso è tuttavia poco efficace nelle situazioni che hanno obiettivi di insight (illuminazione) e come target l’area emotiva. In questi casi, come vedremo le tecniche principali sono quelle autocentrate. La vastità della classe delle tecniche etero-centrate sconsiglia una loro presentazione dettagliata. Basta dire che la maggioranza delle tecniche già presentate come strutturate sono nel contempo appartenenti al gruppo di quelle etero-centrate. Il più tipico esempio di tecnica appartenente a questo gruppo è la tecnica della discussione di un contenuto cognitivo. Appartengono a questo raggruppamento anche i gruppi di compito, ed i gruppi di apprendimento di contenuti estranei al gruppo.

7.5. La classificazione per focus: le tecniche auto-centrate.

Classificazione per

Tav.16-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Come indica la tavola 16, il gruppo delle tecniche autocentrate ha una efficacia primaria nel colpire bersagli emozionali. Esse sono prevalentemente destrutturate o poco strutturate, hanno finalità riflessive, ma obiettivi, linguaggi, funzioni e riferimenti molto elastici. Il carattere principale di questo gruppo è di sovrapporre il soggetto che lavora o studia all’oggetto. I gruppi autocentrati si focalizzano su sé stessi, qui ed ora. Il gruppo qui non è solo il mezzo, ma anche il motivo dell’esistere. La metafora è quello di un soggetto che si osserva allo specchio e si concentra riflessivamente su di sé, si prende cura di sé, si impegna a lavorare o apprendere su se stesso. Le tecniche autocentrate hanno tutte la stessa origine nel famoso T-Group lewiniano. Il sensivity training group, gruppo di addestramento della sensibilità, in abbreviazione T-Group è stato definito da Carl Rogers "la tecnica più potente inventata dalle scienze sociali in questo secolo". Chiunque si occupa professionalmente di piccoli gruppi dovrebbe avere, nel suo iter formativo, almeno 100 ore di questa tecnica. Nella sua forma originale, inventata quasi per caso da Lewin, il T-Group consiste in una esperienza di gruppo condotto da un trainer (addestratore), affiancato da uno o più osservatori, focalizzato esclusivamente sul gruppo stesso, qui ed ora. La iniziale versione italiana del T-Group, elaborata dall’IRIPS di Milano negli anni Sessanta, richiedeva almeno 40 ore in forma strettamente residenziale. Oggi il T-Group si è sviluppato in forme diverse: dall’uso di questa tecnica in modo tradizionale ma abbreviato (20-30 ore residenziali), ad un impiego di alcuni minuti al termine di un incontro etero-centrato. L’elemento essenziale è sempre quello di concentrare l’attenzione del gruppo solo su stesso e al momento presente. Dove però la concentrazione è insieme cognitiva e emozionale. Si tratta insieme di capire e vivere ciò che sta succedendo, in tempo reale. Si parla di sensibilità, perché la comprensione ricercata non è solo mentale ma anche emotiva. Capire con la testa e la "pancia" e vivere col cuore e la mente, la situazione presente del gruppo, sono lo sforzo richiesto dalle tecniche autocentrate. Il superamento della separazione fra il soggetto che opera o apprende e l’oggetto, produce una sorta di cortocircuito, di fusione atomica. Un’accumulo di energia psicologica sufficiente a stimolare un sisma negli equilibri quasi-stazionari del gruppo e dei singoli membri. Possono essere ricondotte al gruppo delle tecniche autocentrate, molte di quelle già citate nei precedenti paragrafi: le tecniche corporee, i climi organizzativi e le simulazioni fantasy, tutte le tecniche riflessive in genere. Possiamo dire che le tecniche autocentrate, nella varie forme possibili, hanno un ruolo essenziale per la crescita e la manutenzione del gruppo-dispositivo. Il quale non può essere tale se è privo di consapevolezza di sé e se non dedica del tempo per specchiarsi e curarsi di sé. Gran parte dei fallimenti dei gruppi operativi o di apprendimento è dovuto proprio al rifiuto o all’incapacità di concedersi del momenti auto-centrati. Come un singolo essere umano, anche il gruppo non può diventare adulto se vive solo la dimensione etero, esterna, performativa. Anche in un’ottica funzionale, centrarsi periodicamente su se stesso, significa affinarsi come dispositivo agente nel mondo.

7.6. La classificazione per finalità: le tecniche direttive.

La classe che si distingue per le finalità, comprende 3 raggruppamenti. Il primo molto grande è quello delle tecniche direttive. Si possono definire tali le tecniche che tendono a mandare il gruppo in una certa direzione. In una certa misura tutti i gruppi-dispositivo hanno finalità e spingono in qualche direzione. Tuttavia si pone un problema di gradi di libertà. Sono direttive tutte quelle tecniche che riducono al minimo i gradi di libertà del gruppo.

Classificazione per

Tav.17-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Come si vede dalla tavola17, questo gruppo comprende le tecniche strutturate, eterocentrate, essenzialmente cognitive e strumentali. Per quanto riguarda la classificazione per obiettivi, linguaggio, funzione e riferimento queste tecniche sono abbastanza plastiche. Le tecniche direttive sono generalmente a risposta più chiusa. L’operatore propone, suggerisce, comanda un compito o una regola, presupponendo che il gruppo vi si atterrà. La tecnica direttiva non viene applicata con una decisione di gruppo, non richiede un preventivo consenso: è come una medicina che il medico prescrive. Naturalmente esistono sfumature infinite di direttività e raramente esse diventano diktat. Tuttavia è proprio della direttività indirizzare verso una precisa direzione e fa parte del ruolo dell’operatore ricorrervi, quando serve.

Fra quelle già citate, sono direttive molte tecniche corporee, le tecniche di raccolta dati, le tecniche ideative, i problem solving a risposta chiusa, le tecniche non strutturate di tipo puntivo, correttivo o supportivo. Sono direttive le norme prefissate o gli interventi dell’operatore che influenzano il contenuto. Le tecniche direttive si fondano sul principio che l’operatore sa ciò che il gruppo non sa. Tutto il gruppo sa dove vuole andare, ma l’operatore sa per certo anche come ci si arriva. Però sono tecniche molto diffuse: rispondono bene al bisogno di potere dell’operatore.

7.7. La classificazione per finalità: le tecniche attive.

Questo raggruppamento di tecniche consente al gruppo un grado di libertà molto maggiore di quelle direttive. Pur volendo stimolare o indirizzare il gruppo, le tecniche attive lo spingono a fare qualcosa che non è noto prima all’operatore. Le tecniche attive si propongono soprattutto di "far fare", di attivizzare il gruppo, impegnandolo in un’attività mirata. Il tipo specifico di azione e la modalità di svolgimento è solitamente lasciata alla discrezione del gruppo. Le tecniche attive derivano dalla pedagogia ed hanno una grande diffusione nel lavoro educativo. Un esempio in questo campo riguarda le famose ricerche in classe. Sono direttive quelle a risposta predefinita: fare una ricerca sulla vita di Napoleone. Sono attive quelle a risposta indefinta: rilevare gli spazi di gioco per bambini disponibili nel Quartiere.

Come evidenzia la tavola 18, le tecniche attive sono relativamente strutturate ed etero-centrate. Per i restanti criteri di classificazione esse sono distribuite un po’ ovunque. Fra le tecniche già presentate, possono definirsi attive le tecniche di discussione e confronto e le tecniche di produzione se il prodotto non è prefissato. I famosi laboratori espressivi, diffusi nei gruppi di animazione, sono inseribili nelle tecniche attive.

Classificazione per

Tav.18-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 


7.8. La classificazione per finalità: le tecniche riflessive.

Questo gruppo corrisponde a quello delle tecniche autocentrate. Si tratta di tecniche il cui fine principale è quello di stimolare il gruppo a guardarsi allo specchio. Le tecniche direttive fanno eseguire, le tecniche attive fanno fare, le tecniche riflessive fanno specchiare. Si tratta di diversi gradi di libertà per il gruppo. Un gruppo cui si applica la direttività vede predefiniti i contenuti, i metodi e alcune regole. Un gruppo gestito con tecniche attive ha dei vincoli per il metodo e il linguaggio, ma il contenuto è libero. Le tecniche riflessive strutturano solo le coordinate spazio-temporali (noi, qui,ora), lasciando libero tutto il resto. Mettere qualcuno davanti allo specchio e stimolarlo a guardare le rughe, lascia sempre la libertà di vedere solo la bellezza degli occhi. Secondo una vecchia terminologia rogersiana, qualcuna definisce le tecniche riflessive come "non direttive". In verità un gruppo-dispositivo non direttivo è un ossimoro. Se si vuole la non direttività, basta lasciar fare al destino o alla natura. Un gruppo-dispositivo si caratterizza dagli elementi intenzionali che vengono inseriti per dirigere su una strada diversa la traiettoria del gruppo-organismo. La classificazione per finalità, come le altre, ha il merito di segnare un confine esplicito fra funzionalità e difese. Le tecniche direttive segnalano come difesa tutti i comportamenti di ritardo, errore, opposizione all'es’cuzione. Le tecniche attive registrano come difesa ogni passività e sottrazione. Le tecniche riflessive rendono evidenti le difese di evasione o negazione della realtà.

Classificazione per

Tva.19-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Come mette in luce la tavola 19, questo gruppo comprende le tecniche strutturate e auto-centrate, a bersaglio prevalentemente emotivo e con funzioni interpretative o provocatorie. Per gli obiettivi, il linguaggio e i riferimenti queste tecniche sono polifunzionali.

7.9. La classificazione per obiettivi: le tecniche diagnostiche.

Questo raggruppamento comprende tutte le tecniche diagnostiche, cioè aventi l’obiettivo di fare il punto, offrire dati, radiografare la situazione. In verità esse non sono diagnostiche ma facilitanti la diagnosi. Questa è il risultato induttivo di dati rilevati e ipotesi o schemi di lettura preesistenti. Il termometro non ci dice la malattia, ma solo se abbiamo la febbre. Questo dato, insieme ad altri e aggiunto alla competenza dell’operatore, consente la diagnosi. La tavola 20 informa che le tecniche diagnostiche sono strutturate, auto-centrate, riflessive. Servono a fornire una fotografia istantanea del gruppo al momento presente, coi suoi punti di forza e di debolezza. Possono essere verbali o non, ma hanno un bersaglio prevalentemente cognitivo ed una funzione interpretativa.

Classificazione per

Tav.20-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

La tecnica forse più famosa di questo gruppo, è il sociogramma inventato da J.Moreno.

7.10. La classificazione per obiettivi: le tecniche illuminanti.

Questo gruppo di tecniche strutturate comprende tutte quelle che hanno l’obiettivo di produrre un’insight, un’illuminazine, una lampadina che si accende. Si tratta di tecniche di breve durata con un aspetto ludico o motorio, non minacciante ma contenente forti elementi analogici. Il loro obiettivo è sorprendere, cioè prendere di sorpresa, stupire, produrre una vertigine che possa incrinare l’equilibrio, catturare l’ascolto e l’attenzione. Non è un raggruppamento molto affollato, perché le maggiori illuminazioni solitamente provengono dalle tecniche immediate o non strutturate. Tuttavia, se applicate al momento e nel modo giusto, queste tecniche hanno una grande efficacia. Come si vede dalla tabella, questo gruppo è caratterizzato da tecniche strutturate, attive, sia etero che auto-centrate, verbali e non verbali. Sono efficaci perché puntano al doppio bersaglio cognitivo ed emotivo, hanno una funzione sia stimolativa che provocatoria.

Classificazione per

Tav.21-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Possiamo fare un esempio di queste tecniche con la "figura svedese".

  • Si chiede al gruppo di formare delle coppie che si affiancano gomito a gomito, con davanti un punto di appoggio per disegnare.
  • Su tavolo, esattamente in mezzo ai due, ogni coppia viene invitata a deporre un foglio bianco in pisizione verticale e una sola penna.
  • Senza parlare in nessun modo, dopo il via, ogni coppia dispone di 3 minuti per disegnare sul foglio una figura umana, usando la sola penna a disposizione sulla quale vengono messe le due mani (una per ogni partner della coppia).
  • Ogni coppia sceglie il modo che preferisce. L’importante è che nessuno dei due partner parli o tolga la sua mano dalla penna, fino alla fine dell’attività.
  • Dopo i 3 minuti, l’operatore invita ciascun membro di ogni coppia a scrivere in un angolo del foglio, piegato verticalmente, un numero senza farsi vedere dall’altro; appena scritto il numero, lo scrivente volta il foglio in modo che il partner non legga cosa ha scritto, e glielo passa perché faccia altrettanto.
  • Il numero da scrivere deve rappresentare in percentuale (cioè in centesimi) "quanto ciascun membro della coppia sente sua la figura disegnata".
  • Quando tutti i membri hanno concluso, l’operatore fa leggere le percentuali che ogni coppia ha scritto e le trascrive su lavagna.
  • L’attività si conclude con una discussione su ciò che è successo.

Dov’è l’illuminazione ? La stragrande maggioranza delle coppie scrive percentuali la cui somma non arriva a 100. Una parte di esse presenta una somma fra 100 e 200. Rari i singoli che scrivono 100%, rarissime le coppie la cui somma fa 200% o più. Il criterio indicato per indicare le percentuali non era "quanto ho materialmente fatto", oppure "quanto mi piace" , ma "quanto sento mio il disegno". Il disegno è il frutto di una interdipendenza. La appartenenza e responsabilità verso il prodotto è dipendente dalla consapevolezza dell’interdipendenza. Inoltre, la figura è un prodotto intero diverso dalle parti, la cui somma, se non è del 200% per cento o maggiore, indica una lacuna, un handicap, una sottovalutazione. Dire che è al 30% di un genitore, e al 40% del coniuge, significa affermare che un figlio non è un intero oppure che esiste un terzo responsabile del rimanente 30%. L’attività dunque consente una riflessione sulla interdipendenza, l’appartenenza e la responsabilità come sentimenti prima che come effetti di azioni materiali. Illumina ogni membro sul suo modo di rapportarsi al concetto di intero. E, il che è decisivo, ottiene questi risultati divertendo prima e sorprendendo poi.

7..11. La classificazione per obiettivi: le tecniche accelerative.

Questo gruppo ha in comune l’obiettivo di accelerare le fasi ed i processi di gruppo. Puntano a produrre una maturazione accelerata o il superamento veloce di scogli, che non sono interessanti per la situazione. Per esempio, un gruppo di lavoro con forti valenze operative, composto da tecnici esperti, può tuttavia mostrare qualche lentezza nella fase di riscaldamento. Una tecnica strutturata, come una ricerca d’aula, può ridurre i tempi. Oppure, se un gruppo presenta una particolare difficoltà nella strutturazione di ruoli, una tecnica di attribuzione di compito può affrettare questo processo. Naturamente, le tecniche di accelerazione sono perlopiù etero-centrate, direttive e stimolative.

Classificazione per

Tav.22-Raggruppamenti di tecniche

strutturazione

non strutturate

strutturate

focus

etero-centrate

auto-centrate

finalità

direttive

attive

riflessive

obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

linguaggio

Verbali

non verbali

bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Come si vede nella tabella, linguaggio, bersaglio e riferimento di queste tecniche sono relativamente elastici. Come esemplificazione di questo raggruppamento di tecniche, ne presentiamo una a linguaggio non verbale, che definiamo "Prendere".

  • L’operatore invita tutti i partecipanti a mettersi in ginocchio, gomito a gomito, formando un cerchio stretto.
  • Ciascun membro del gruppo deve mettere davanti alle proprie ginocchia un piccolo mucchio di oggetti personali: soldi, chiavi, penne, amuleti, gioielli.
  • Quando tutto è allestito, l’operatore chiede al gruppo di restare in completo silenzio per i 3 minuti previsti per l’attività, che consiste in un solo verbo…….. prendere!

Nella stragrande maggioranza dei gruppi, dopo un primo momento di attesa e di scambio rituale ( ognuno prende e lascia prendere), si scatena una bagarre nella quale l’obiettivo primario è quello di accumulare. Molti prendono, arraffano, strappano, nascondendo il bottino sotto le gambe, nelle tasche, coll’intero corpo. L’obiettivo dell’attività è soprattutto quello di mobilitare l’aggressività, quando un gruppo sembra lento e lento nell’investimento energetico. Oltre a consentire una seguente riflessione sulle spinte psicologiche all’accumulazione, sull’aggressività, e sui rapporti predatori, l’esercizio mette in circolo adrenalina e rende molto più tonico il clima del gruppo.

7.12. La classificazione per obiettivi: le tecniche addestrative

Questo raggruppamento comprende le tecniche che hanno primariamente un obiettivo di addestramento. Si tratta di tecniche basate sulla prova, la correzione e la ripetizione, quindi che possono essere ripetute più volte senza annoiare o perdere la loro efficacia.

Classificazione per

Tav.23-Raggruppamenti di tecniche

Strutturazione

non strutturate

strutturate

Focus

etero-centrate

auto-centrate

Finalità

direttive

attive

riflessive

Obiettivi

diagnostiche

Illuminanti

accelerative

addestrative

Linguaggio

Verbali

non verbali

Bersaglio

cognitive

emotive

strumentali

Funzione

stimolative

Interpretative

supportive

provocatorie

Riferimento

individuali

gruppali

sociali

 

Come da tavola 23, queste tecniche sono in prevalenza etero-centrate, direttive, a bersaglio strumentale (addestrare a fare), stimolative, ed a riferimento individuale o gruppale. Fanno parte di questo raggruppamento anche i role-playing a ruoli chiusi, i business games, l’acquario, le tecniche di produzione, il ricorso a video-registrazioni. I role-playing a ruoli chiusi sono usatissimi per addestrare alle relazioni fra commessi e clienti; venditori e compratori; dirigenti scolastici e consigli di classe; medici e pazienti. I laboratori didattici, dalla meccanica all’informatica, sono un’altra tipica tecnica di questo raggruppamento.

7.13. La classificazione per linguaggio: le tecniche verbali e non verbali.

Su questa classe non vale la pena dilungarsi, in quanto è troppo generale. Le tecniche verbali sono quelle che privilegiano la parola o la scrittura, quindi la forma più formale ed usata di comunicazione. Le tecniche non verbali si basano su tutti gli altri linguaggi e riservano la verbalizzazione al momento di discussione o riflessione fiale. E’ interessante sottolineare che non verbale non significa solo corporeo, gestuale o mimico. Questo raggruppamento comprende tutti gli altri linguaggi:

  • Grafico (come il sociogramma già descritto)
  • Pittorico (come fare un disegno, un collage, un manifesto del gruppo o un murale)
  • Musicale (improvvisare un coro)
  • Fotografico (fotografare i membri del grupp e creare un fotoromanzo; usare foto sconosciute e creare una storia)
  • Video (realizzare un video, videoregistrare il gruppo e poi discutere ciò che si è fatto, usare il video in circuito chiuso analizzando le immagini in tempo reale)
  • Manuale (fare costruzioni, oggetti, origami)
  • Sportivo (competizioni, grandi giochi)

7.14. La classificazione per bersaglio: cognitive, emotive e strumentali.

Anche questa classificazione è superflua adesso che è già stata presentata la maggior parte delle tecniche. Per bersaglio indichiamo l’area che la tecnica cerca di colpire in via diretta. L’equilibrio quasi stazionario del gruppo può essere incrinato a partire dal tessuto cognitivo (il sapere, le informazioni, le teorie), o dal substrato emozionale (il saper essere, le competenze psicologiche), o infine dal comportamento strumentale (il saper fare). La scelta dell’uso di una tecnica o dell’altra dipende dalla situazione del gruppo, dal contesto, dai vincoli, dal patto stipulato fra gruppo e operatore. Tipica tecnica usata per bersagli cognitivi è il problem solving. Per bersagli strumentali citiamo le tecniche di produzione o i role-playing. Per i bersagli emotivi, la tecnica principe è il T-Group, ma appartengono a questo raggruppamento anche le tecniche corporee.

7.15. La classificazione per funzione: stimolative, interpretative, supportive e provocatorie.

Questa classe raggruppa tutte le tecniche per la loro funzione primaria. Cioè per il meccanismo centrale di innesco del cambiamento.

La funzione stimolativa è quella corrente. Possiamo dire che ogni tecnica funziona come stimolo a cambiare. Tuttavia questo gruppo indica le tecniche mirate a produrre variazioni immediate nel campo, attraverso una correzione, un incentivo, una spinta. Il cambiamento, è l’assunto di queste tecniche, è favorito da stimolazioni esterne.

La funzione interpretativa è insita in tutte le tecniche di raccolta dati, di diagnosi, di ricerca. L’ipotesi è che un incremento di informazioni provenienti dal campo, produce variazioni. E’ il modello che assegna alla consapevolezza ed alla conoscenza, una funzione di cambiamento.

Il terzo raggruppamento comprende le tecniche che funzionano mediante un supporto, un aiuto, un incoraggiamento. La protezione, la nutritività e il calore presiedono al cambiamento, secondo queste tecniche.

Infine, la funzione provocatoria, si basa sul principio che il cambiamento avvenga soprattutto per chock, per sorpresa, per trauma, per opposizione o per imitazione.

Lo stimolo, la consapevolezza, il sostegno e la provocazione sono funzioni diverse che distinguono differenti tecniche strutturate. Ciascuna funzione ha la sua rilevanza, a seconda del gruppo e del contesto in cui si applica.

7.16. La classificazione per riferimento: individuali, gruppali, sociali.

Questa ultima classificazione è anch’essa molto generale, e già riscontrabile nei precedenti paragrafi. La classe raggruppa le tecniche per il loro principale riferimento. Il gruppo, un campo in equilibrio quasi stazionario, può essere spinto a modificarsi intervenendo sui singoli membri, non in quanto persone, ma in quanto membri dell’intero. La tecnica assume qui un riferimento individuale. Tipica di questo gruppo è per esempio la tecnica delle frasi da completare (v.7…..), dove ogni membro presenta se stesso come singolo.

Il gruppo può anche essere toccato da una tecnica a riferimento gruppale, come sono la gran parte di quelle già descritte. Qui il riferimento è l’intero, anche se le parti vengono interpellate. Il sociogramma di Moreno è la tipica tecnica appartenente a questo raggruppamento. Essa non serve realmente a conoscere chi sceglie chi, e quali relazioni interpersonali esistono, ma si pone il problema di radiografare la struttura del campo.

Il riferimento sociale raggruppa quelle tecniche che si applicano al gruppo ma a partire dal un punto di vista più vasto: diversi gruppi, l’organizzazione, la comunità, la società. I climi organizzativi, i laboratori fantasy o i business games appartengono a questo gruppo.

7.18. Mixing e applicazione delle tecniche.

Il panorama delle tecniche richiede almeno due precisazioni. La prima è che ogni tecnica è suscettibile di mescolamenti, contaminazioni, innesti con altre tecniche dello stesso gruppo o di gruppi affini. Naturalmente i cocktails sono buoni solo se il barman è bravo, altrimenti è meglio bere un liquore "single". Il che vuol dire che un mixing non è accatastare casualmente 2 o 3 tecniche, ma mescolarle secondo una logica. Facciamo qualche esempio.

  • Il Philips 6 x 6 già descritto, può prevedere una quarta fase, nella quale i delegati, dopo aver deciso la lista finale, si immergono nella simulazione di un incontro con un ruolo esterno (il dirigente, l’assessore, il cliente – un ruolo assunto dall’operatore). Nell’incontro essi devono sostenere le decisioni prese, di fronte alle obiezioni dell’esterno.
  • Un role-playing può essere video-registrato in modo da discutere, al temine, ciò che appare in video.
  • Una tecnica auto-centrata, o viene applicata da sola o viene inserita al termine di una fase di lavoro etero-centrato (fine incontro, fine giornata, fine settimana). Tuttavia è possibile ricorrere ad una tecnica mista, nella quale i momenti etero ed auto si intrecciano simultaneamente. Si tratta di una tecnica sofisticata non solo per l’operatore, ma anche per i partecipanti: per cui è consigliabile solo negli stadi avanzati della vita del gruppo.

Gli esempi sono infiniti e legati alla ricerca e la creatività sviluppate nelle migliaia di gruppi che lavorano e apprendono ogni giorno. La necessità di questi mixing o varianti deriva da diverse cause:

  • Ogni gruppo, ogni contesto, ogni situazione sono diversi: è praticamente impossibile che una tecnica applicata in un caso, possa essere esattamente riprodotta nell’altro. Sono indispensabili i mixing di tecniche o le varianti nei tempi, nei temi, nelle fasi di applicazione.
  • Una tecnica di gruppo deve coinvolgere e interessare i partecipanti; se non vengono applicate frequenti varianti, si rischia la ripetitività e la prevedibilità.
  • L’operatore che ripete per decine di volte lo stesso rituale di una tecnica, inevitabilmente scivola verso la stereotipia ed il meccanicismo; la creatività tecnica è anche in funzione della motivazione dell’operatore.

La seconda precisazione riguarda appunto l’operatore. Un gruppo potrebbe, in astratto, auto-somministrarsi una tecnica leggendola su un libro, o aiutandosi con una cassetta audio o video, o con Internet. In realtà, la formazione a distanza (Fad), in Italia ha scarsa utilizzazione. E ciò non solo perché l’offerta di formazione faccia a faccia è molto diffusa, ma anche perché le sfumature che può dare un operatore sono insostituibili. Un testo o un video non possono tenere conto della specificità di ogni gruppo. L’operatore può modulare il linguaggio: in un gruppo popolare parlerà in modo colloquiale, in un gruppo intellettuale userà il linguaggio tecnico. Può plasmare i tempi, i timbri, i toni delle parole che usa. Può usare il proprio corpo in relazione all’obiettivo. Può dilatare o restringere i tempi delle varie fasi di un esercizio. Può presentare una tecnica con un tono perentorio, o coinvolgente o problematico; può ricorrere all’asciuttezza o alla retorica.

Ogni tecnica va presentata "step by step", cioè un gradino alla volta, in modo da risultare di facile comprensione e ridurre l’ansia. Pensiamo di dover spiegare le regole del gioco di carte della "scopa". Nessuno si inoltra in una descrizione di tutte le regole, le varianti, le tattiche in un solo momento. Si danno poche regole base e poi si comincia a giocare, per prova. Via via si aggiungono le nozioni aggiuntive. Nella somministrazione delle tecniche di gruppo avviene qualcosa di simile. Occorre dire al gruppo una cosa alla volta, e quando ha fatto la prima si presenta la seconda e così via. Oltre a facilitare la comprensione, questa regola riduce l’ansia e le difese. Chi prova a dire tutto insieme si troverà sommerso di domande, in parte giustificate dalla perdita del filo del discorso, in parte motivate dall’ansia causata dall’incomprensione. Oltre a questa, le regole di ogni tecnica sono semplici: preparare i materiali, seguire le fasi previste, usare parole chiare e precise.

Tutto il resto è a discrezione dell’operatore, che deve ricorrere alle sue capacità attoriali, alla sua sensibilità, e alla sua esperienza.