Cap.8. Ruoli e stili dell’operatore di gruppo.

L’operatore di gruppo è l’interfaccia fra il gruppo e il suo compito. La sua posizione di terzo e di interno-esterno è una delle risorse principali del gruppo.

E’ il primo ruolo del gruppo, codificato come diverso. Un ruolo è un incrocio di aspettative, ma insieme la risultante di una rete di interdipendenze. Ciò vuol dire che l’operatore di gruppo si aspetta legittimamente qualcosa dal gruppo, e questo ha diritto di aspettarsi qualcosa dall’operatore. Ma ciò significa anche che il gruppo influenza l’operatore quanto il secondo influenza il primo.

Il ruolo dell’operatore di gruppo è un ruolo autorevole, nel senso che rappresenta l’autorità in astratto, e tutte le autorità che i membri del gruppo hanno sperimentato nella loro vita. Il paradigma dell’autorità, come soggetto procuratore di crescita, è il genitore. L’operatore può definirsi il genitore del gruppo, sia perché ne facilita la nascita e la crescita; sia perché spesso rappresenta l’ente genitore; sia infine perché, come figura autorevole, riattiva sentimenti simili a quelli già vissuti da ogni membro con i propri genitori reali. Quest’ultimo è il fenomeno che la psicoanalisi chiama "transfert".

Ogni ruolo è suscettibile di interpretazione che non ne snatura ma ne arricchisce il carattere. L’interpretazione è lo stile personale che l’attore applica al ruolo. Lo stile è l’insieme degli elementi psicologici che l’attore immette nel ruolo pur senza cambiarne la natura. Lo stile è la scenografia del ruolo. Se il ruolo è la funzionalità, lo stile è l’estetica. Estetica e funzionalità sono i binari entro i quali si muove l’operatore di gruppo.

8.1. L’operatore come terzo.

Questa definizione del ruolo dell’operatore vuole dare conto della necessità dell’equidistanza e della funzione dialettica di chi sovrintende al funzionamento di un gruppo-dispositivo. Nei gruppi-organismo, l’operatore non esiste. Anzi, proprio l’assenza dell’operatore certifica della naturalità del gruppo. Possono esistere gruppi-dispositivo senza operatore? Nel caso in cui l’esperienza e la maturità dei membri è alta (pensiamo ad un Consiglio di amministrazione o un gruppo di Alcolisti Anonimi) l’operatore non è etero fissato, ma nasce come designazione dall’interno. In questi casi il gruppo sceglie un coordinatore o un segretario, come salvaguardia delle funzioni principali (aprire e chiudere l’incontro, ordinare il traffico comunicativo, sovrintendere ai processi decisori). Nella maggioranza dei gruppi, generati da una organizzazione, l’operatore è prefissato ed etero-designato. I gruppi-dispositivo che non hanno un operatore, etero o auto designato, funzionano pochissimo.

Il fatto è che il rapporto bipolare fra gruppo e compito (sia questo etero o auto, di lavoro o di formazione) tende ad essere scosso da difese che mistificano o annullano uno o l’altro dei due poli. C’è il gruppo che si annulla in nome del compito, e quello che rimuove il compito in nome di se stesso. C’è il gruppo che riduce le proprie differenze o nega l’articolazione del compito. C’è quello che nega il principio di realtà, e quello che nega la prospettiva del cambiamento progettato. Gruppo e compito sono una coppia che può generare cambiamento. Se ciò non avviene, ecco il ruolo del terzo. L’operatore funziona come interfaccia, come ruolo liminare e confinario, cerniera, dogana e frontiera fra il gruppo ed il suo compito. L’operatore è una parte del gruppo a tutti gli effetti, e dunque vive le stesse esperienze di tutti i membri, ma è anche un esterno, capace di vedere dalla finestra se stesso ed il gruppo che camminano. Il suo essere terzo equidistante, lo rende portatore delle istanze ridotte, represse o negate. L’operatore testimonia della realtà o insinua la speranza in un gruppo che nega l’una o l’altra. Segnala la complessità nel gruppo che semplifica, la differenziazione in un gruppo cristallizzato, la coesione in gruppo frantumato. L’operatore ricorda il gruppo quando il compito dilaga, e il compito se il gruppo si rinchiude su di sé. L’essere terzo dell’operatore è una delle risorse centrali per il gruppo, anche se questo richiede l’equidistanza verso le parti dell’intero, fra il gruppo e il compito, e fra il compo e il contesto.

8.2.L’operatore come ruolo codificato.

Quello dell’operatore è l’unico ruolo prefissato e codificato, che esiste nel gruppo fin dal suo primo incontro. Essendo il ruolo un crocevia di aspettative, l’operatore di gruppo è la risultante:

  • di ciò che si aspetta l’ente genitore del gruppo
  • di ciò che aspetta l’operatore come professionista
  • di ciò che si aspetta il gruppo in conseguenza del patto
  • di ciò che si aspetta ogni singolo come persona
  • di ciò che si aspetta l’ente di provenienza dei singoli membri del

Una organizzazione vuole mettere a punto un nuovo prodotto, quindi fa nascere un gruppo di lavoro temporaneo (task force) composto da esperti della produzione, esperti di amministrazione, esperti di marketing; come coordinatore viene designato uno dei vice-direttori generali. L’organizzazione si aspetta un lavoro efficiente (poco costoso e veloce) ed afficace (che produca un’idea capace di aumentare il fatturato). Il coordinatore si aspetta di essere ascoltato dal gruppo, di registrare da parte di ogni membro la massima collaborazione attiva, di acquistare meriti verso l’organizzazione, di produrre risultati di qualità. Alcuni dei singoli invitati si aspettano di poter far prevalere il proprio punto di vista, altri si aspettano di ricevere ordini sul da farsi, altri ancora pensano che sia tutta una perdita di tempo. Qualcuno percepisce l’invio al gruppo come premio, qualcuno come lavoro aggiuntivo o punizione.

Gli uffici di provenienza dei singoli membri si aspettano che prevalga la loro funzione: all’ufficio amministrazione importa soprattutto che i conti tornino; all’ufficio produzione sono preoccupati dei futuri carichi da lavoro; l’ufficio marketing spera che venga fuori qualcosa di stimolante. Infine, il gruppo, avendo letto la lettera di convocazione e partecipato al colloquio preparatorio, si aspetta che il lavoro sia considerato e premiato, che gli incontri non si traducano in straordinari non pagati, che gli incontri siano produttivi e che ciascuno sia ascoltato, che il termine di consegna sia di sei mesi.

Come si comporterà il coordinatore ?

Un esempio analogo vale per i gruppi di formazione. Il formatore si aspetta certe cose e i formandi se ne aspettano altre; l’ente formatore richiede la soddisfazione di alcuni parametri; gli enti di provenienza dei partecipanti si attendono particolari risultati; il contratto formativo fra formatori e partecipanti stimola attese congruenti. Cosa dovrà fare il conduttore del gruppo?

Gli esempi si basano su un modello semplificato a 5 fonti di attese, ma sono frequenti i casi a 7, 10 o più fonti di aspettative. Più tali fonti aumentano, più è raro il caso che le diverse attese non confliggano. E la storia del gruppo non è ancora iniziata.

Appena il gruppo inizia la sua storia, si attivano i fenomeni descritti nei primi capitoli di questo libro, e l’operatore mette in campo le sue tecniche ed il suo stile. Purtroppo, i fenomeni del gruppo e l’azione dell’operatore non sono paralleli ma interdipendenti. Il che implica che i primi influenzano la seconda, non meno del contrario. L’operatore che trova una situazione fredda, è portato a rispondere in modo diverso che se trova una situazione tesa. Per converso, il gruppo che trova un operatore autoritario reagisce in modo diverso dal gruppo che incontra un operatore permissivo. Un gruppo cui viene applicata la tecnica sbagliata, o la tecnica giusta nel modo o con lo stile sbagliati, risponde diversamente di fronte alla tecnica giusta, applicata nel modo e con uno stile adeguati. D’altronde è più facile che l’operatore sbagli tecnica, modo o stile con un gruppo che lo influenza negativamente. Ricordiamo comunque, quanto già detto frequentemente, e cioè che i gruppi si difendono sempre dalla minaccia del cambiamento, mentre l’operatore esiste sostanzialmente per favorire il disequilibrio del campo ed il suo passaggio ad una nuova configurazione. D’altro canto non possiamo negare il fatto che, durante la storia di un gruppo, anche il campo dell’operatore è sottoposto alla minaccia del cambiamento. Per cui anch’egli rischia ad ogni passo un sisma al quale oppone difese speculari a quelle del gruppo.

Prendiamo come esempio il caso di un gruppo nel quale, secondo un osservatore del tutto esterno, si dovrebbe applicare una tecnica diagnostica.

Il primo ostacolo è che l’operatore potrebbe non accorgersi di questa esigenza, perché teme che la emersione e condivisione di alcuni dati sul gruppo, possano creare una situazione difficile o sgradevole da gestire. La difesa dell’operatore si attiva impedendo queste osservazioni. Poniamo invece il caso che egli ne rilevi l’utilità e pensi di proporre un sociogramma. Se è fortunato e competente, l’operatore propone il sociogramma col giusto stile, e la tecnica produce gli effetti voluti. Ciò significa che il gruppo non è in fase difensiva, anzi si aspetta un aiuto diagnostico strutturato, e fa tesoro del risultato, prendendolo come un test di realtà, sia pure indicativo. Può essere però poco competente e sbagliare, tempo, modo e stile, e allora la tecnica fallisce l’obiettivo, cioè non produce il cambiamento ricercato. Oppure può essere sfortunato e incontrare un gruppo che si difende dalla diagnosi rifiutando la tecnica, oppure applicandola in modo errato, oppure respingendone, alla conclusione, il valore diagnostico. Questo caso è molto frequente. I gruppi che si difendono affermano spesso che la tecnica non è attendibile per una diagnosi seria, che le scelta fatte non sono state meditate, che sono state espresse in modo superficiale, che il sociogramma prodotto vale solo per i minuti in cui è stato fatto.

8.3. Le diverse funzioni dell’operatore.

Abbiamo già in precedenza affermato che il termine "operatore di gruppo" è generico e comprende numerose funzioni diverse. Ciò che unifica queste funzioni è sempre l’esistenza di un gruppo-dispositivo intenzionale, nel quale un’operatore abbia ruolo di terzo.

Nei gruppi di lavoro l’operatore assume i seguenti nomi e le relative funzioni.

  • Coordinatore

Convoca, apre e chiude le riunioni. Se non lo fa il gruppo propone o stabilisce l’OdG. Ordina il traffico comunicativo. Sovrintende ai processi decisori, per garantire il gruppo da brogli o errori. Applica le tecniche che ritiene funzionali al compito ed alla manutenzione del gruppo. Se nominato dall’ente genitore, risponde a questi dell’efficienza del gruppo. A volte viene chiamato segretario, più spesso questo ruolo affianca il coordinatore.

  • Animatore

Il termine viene usato al posto di quello di coordinatore quando il lavoro del gruppo si limita alla discussione.

  • Testimone o ospite

E’ chi porta un contributo informativo o cognitivo.. Solitamente è affiancato dal coordinatore, che mantiene il ruolo di operatore di gruppo. In caso contrario funziona come docente.

  • Istruttore

E’ l’operatore che trasmette informazioni tecniche. In certi casi che si occupa dell’addestramento e della supervisione. A volte coincide col coordinatore.

  • Consulente dei processi

E’ un operatore di gruppo che affianca il coordinatore. Mentre questi si concentra sul compito del gruppo, il consulente si focalizza sui processi e le dinamiche.

  • Supervisore

Nei contesti produttivi è l’operatore che controlla i processi o i risultati del gruppo in itinere. Nel settore sociale è l’operatore che aiuta il gruppo a revisionare il proprio funzionamento o la propria performance (per esempio, casi clinici o educativi).

  • Operatore di assestment

E’ così chiamato chi opera in gruppi nei quali l’obiettivo è la valutazione del potenziale o delle competenze dei membri.

Nei gruppi di formazione, l’operatore invece può assumere una o più delle seguenti funzioni.

  • Coordinatore

Dirige l’iter formativo e contatta il gruppo in apprendimento solo in casi particolari, nei quali funziona come un gruppo di lavoro (decisioni organizzative, valutazioni, negoziazioni).

  • Docente

Mette a disposizione le sue conoscenze. E’ da considerarsi operatore di gruppo solo se usa una didattica che prevede l’applicazione di tecniche di gruppo.

  • Testimone

E’ un ospite che porta un contributo. Solitamente è affiancato dal tutor o dal docente. In caso contrario funziona come docente.

  • Osservatore

E’ una funzione silente (deve interferire il meno possibile) che affianca l’operatore al solo scopo di dargli feed-backs e apprendere.

  • Tutor d’aula

Nei casi peggiori svolge funzioni di segreteria e bidelleria. Nei casi migliori è l’operatore principale della crescita del gruppo come insieme.

  • Animatore

Termine applicato all’operatore di gruppo di apprendimento in situazioni diverse: quando il gruppo si limita a discutere, quando il gruppo è impegnato in laboratori espressivi, come sinonimo di tutor quando la durata del gruppo è breve. Animatore comunque è il termine che indica l’operatore dei gruppi di tempo libero.

  • Moderatore

Sinonimo di animatore, oggi desueto. Viene ancora usato nelle tavole rotonde, o nei lavori di discussione all’interno di Convegni.

  • Tutor di tirocinio

E’ l’operatore che sostiene e supervede le esperienze sul campo durante il processo formativo. A volte gli viene preferito il termine di supervisore.

  • Istruttore

Ha una funzione di trasmissione di informazioni tecniche o di addestramento di competenze binarie (per esempio, all’uso di macchine).

  • Addestratore

E’ l’operatore addetto alle esercitazioni e all’allenamento di competenze discrete (per esempio, di vendita).

  • Conduttore

Termine usato in senso lato come sinonimo di operatore di gruppo. In specifico, viene usato per indicare l’operatore di gruppi auto-centrati.

  • Trainer

Termine usato solo nei casi di conduttore di T-Group.

  • Facilitatore

E’ un sinonimo di conduttore, derivato dai gruppi di approccio rogersiano. Viene applicato anche al conduttore di gruppi etero-centrati di discussione.

  • Supervisore

E’ l’operatore che aiuta il gruppo a controllare l’applicazione sul campo dei propri apprendimenti.

La varietà dei nomi e dei compiti di ruolo serve e precisare meglio il diametro delle aspettative legittime ed i confini delle diverse performance dell’operatore.

Possiamo descrivere il ruolo dell’operatore di gruppo anche per le diverse funzioni che può assumere, nell’iter del gruppo. queste, a seconda delle aspettative e delle intenzioni sono:

  • La seduzione: l’operatore deve sed-durre il gruppo non nel senso di tirarlo a sé, ma di tirarlo in disparte, di deviarlo dalla traiettoria del destino.
  • L’induzione: il termine significa introdurre, ma anche suscitare ed eccitare; e l’operatore introduce il gruppo al cambiamento, suscitando la sua curiosità ed eccitando le potenzialità e la energia.
  • La traduzione: far passare oltre, ma anche interpretare, rendere esplicito cioè che è confuso e misterioso, visibile l’invisibile, sono funzioni centrali dell’operatore di gruppo.
  • La produzione: l’operatore deve portare avanti, far apparire le risorse, far nascere il gruppo, ma anche aiutare a costruire il nuovo equilibrio quasi-stazionario.
  • La conduzione: questa funzione non è quella del dirigere, come spesso si fraintende, ma riguarda il riunire, il collegare, il portare insieme; l’operatore di gruppo è centrato sulle forze centripete e sull’unione.

8.4. L’operatore come autorità

L’operatore di gruppo rappresenta sempre il genitore. Egli non solo dà i natali al gruppo, ma simboleggia tutte le figure di autorità che i membri hanno sperimentato. Non si tratta di un’autorità che sorveglia, controlla, premia e punisce, perché non è questo il ruolo dell’operatore di gruppo. Anzi, ove esiste il rischio che l’operatore sia o rappresenti questo tipo di autorità, il gruppo cessa di essere tale. Un gruppo infatti è tale solo se l’intero e le parti hanno la piena sovranità sul loro spazio. L’operatore deve porsi come una autorità e un potere di arricchimento, di promozione, di sviluppo del potenziale. Come una risorsa speciale, anche se sottomessa -non absoluta- alle norme del gruppo sovrano. Egli deve avere o guadagnarsi la stima, la fiducia, la gratitudine che si deve all’autorità di servizio, senza però pagare il prezzo di negarsi come ruolo. Non sono pochi coloro che per tenere o ottenere un ruolo di autorità, abdicano ai compiti di questa con la manipolazione, l’inganno, o la collusione. Con questi mezzi si ottiene il potere di dominio o di controllo, di interdizione o di ritorsione. Ma non si diventa un autorità che fa crescere.

Naturalmente, come l’operatore esprime la sua autorità non decide del modo in cui essa sia percepita. La aspettative dipendono dai bisogni e dai pregiudizi, per cui non è raro che l’operatore debba fronteggiare fantasmi, propri e del gruppo, relativi all’autorità. A prescindere dalla realtà dei fatti, l’autorità può essere vista come onnipotente o impotente; nutritiva o predatoria; materna o paterna; dominante o asservita. L’immagine dell’autorità onnipotente stimola nell’operatore l’iper-protettività, l’invadenza, il paternalismo, e la colpevolizzazione nei casi di fallimento. Nel gruppo che considera onnipotenete l’autorità si presentano comportamenti di subalternità, delega, passività o, nei casi di frustrazione, aggressività. Nel gruppo che considera l’autorità impotente, appaiono sentimenti di insicurezza, depressione, competizione; che sono gli stesssi che prova anche l’operatore che auto-percepisce come impotente. Un’autorità da cui ci aspetta un ruolo materno, viene amata se offre cura e protezione, e viene odiata se non soddisfa questi bisogni. Da un’autorità immaginata come paterna, ci si aspettano contenimento, norme e giudizi, purchè siano benevoli; se questi non arrivano, o non sono benevoli, l’autorità diventa il nemico.

La natura dell’operatore come incarnazione dell’autorità, subisce anche una alternanza di fasi diverse. Una fase è quella della dipendenza, che in genere è la prima. Il gruppo dipende dall’autorità, reale o immaginaria dell’operatore, quando esegue i compiti, si comporta come crede che essa approverà, lascia ad essa l’iniziativa, cerca la sua attenzione. E’ il comportamento del bambino verso i genitori e si tratta di una fase indispensabile alla crescita. Un gruppo di apprendimento si attende di "prendere da" l’operatore, che possiede quell’apprendimento o la chiave del forziere che lo contiene. Un gruppo di lavoro, aspetta l’iniziativa dell’operatore e reagisce alla sue stimolazioni. Dipendere da significa avere bisogno, mancare e non poter fare a meno, non saper fare da solo; reagire invece che agire, porre il controllo fuori di sé.

Un’altra fase, solitamente ma non necessariamente la seconda, è quella della controdipendenza. Tipica dell’adolescente, è una forma di dipendenza al contrario. Il gruppo controdipendente rifiuta o ostacola i compiti, fa quello che ritiene disapprovato dall’autorità, ostacola o svaluta la sua iniziativa. La controdipendenza è uno sforzo di distinzione, allontanamento, separazione, anche se è ancora una reazione e lascia all’autorità il luogo del controllo. Non è un comportamento "per" qualcosa, ma "contro" qualcuno.

La fase adulta è quella dell’interdipendenza fra gruppo e autorità, che consiste in un influenzamento reciproco. Il gruppo interdipendente è quello che attribuisce il locus of control alla relazione, che reagisce all’autorità ma sa anche agire in proprio, che si comporta come ritiene opportuno e non in base a ciò che l’autorità pensa. Interdipendere significa avere bisogni, cioè mancanze, ma anche risorse da usare e desideri da realizzare; saper fare da soli ma provare piacere nel fare insieme.



Come si vede dalla figura, il circuito della relazione fra gruppo e autorità, può iniziare da ognuna delle posizioni, evolvere o regredire nelle altre. Esiste infine un quarto possibile tipo di relazione, chiamata indipendenza. L’indipendenza è lo scioglimento del legame, l’interruzione della relazione. In questo stadio il gruppo esce dal rapporto con l’operatore ed è completamente autonomo, o si scioglie o diventa un gruppo-organismo.

Questo stadio non è generalmente previsto nei gruppi operativi, il cui coordinatore esce dal ruolo quando il compito è esaurito ed il gruppo concluso. Invece questo stadio è sempre una delle finalità dei gruppi di apprendimento, che sono per natura temporanei. L’indipendenza del gruppo dall’operatore, che può o meno coincidere con lo scioglimento del gruppo, è un esito ineluttabile ed anche perseguito con tenacia dall’operatore. Così come scopo generale del genitore è rendere il figlio capace di vivere senza da solo, l’operatore del gruppo di apprendimento ha come meta rendere il gruppo capace di fare a meno di lui. Ogni ciclo di apprendimento è a tempo limitato. Anche se il processo di apprendimento è interminabile, nessun formatore agisce, intenzionalmente, come se la sua relazione col gruppo lo fosse.

Naturalmente questo è un circuito astratto, che deve fare i conti con le difese e le resistenze dell’operatore e del gruppo. Una visione dell’autorità come onnipotente alimenta e stabilizza gli stadi della dipendenza e della controdipendenza. Una visione dell’autorità come impotente favorisce l’indipendenza, la lontananza, l’estraneità non come esito ma come abito. Un operatore incapace di gestire l’aggressività propria e del gruppo, impedirà o dirotterà la controdipendenza, facendola regredire verso la dipendenza invece che verso l’interdipendenza o l’indipendenza.

8.5. Lo stile dell’operatore di gruppo.

Lo stile dell’operatore è l’insieme delle caratteristiche personali, che immette nel suo ruolo. Le stesse tecniche possono essere applicate, le stesse funzioni espletate, con toni e sfumature diversi. L’abito, il corpo, la voce, le parole possono avere la stessa sostanza ma diversi accenti. La funzionalità dell’operatore può realizzarsi anche in differenti forme estetiche o retoriche. Fa parte dello stile di alcuni il frequente ricorso all’umorismo, all’ironia, al paradosso, che creano uno stile sdrammatizzante, relativista, scettico e dubbioso. Altri caratterizzano il loro stile con l’empatia, la cordialità ed il calore verso gli utenti, dando al proprio ruolo connotazioni materne. Altri ancora privilegiano l’energia e l’attivismo, il trascinamento entusiastico, in genere ponendo se stessi come esempio da imitare, come fonte di contagio. Alcuni prediligono la fantasia, i sogni, l’eccentricità e la trasgressione, lavorando sia sullo spiazzamento che sulla complicità. Altri hanno uno stile caratterizzato dall’autorevolezza, dalla austerità, dal distacco e dal rigore metodologico, tipici del codice paterno.

La professionalità dell’operatore dovrebbe garantire la massima plasticità, in modo che lo stile sia un elemento funzionale al ruolo e non viceversa. Tuttavia è inevitabile, che le caratteristiche personali dell’operatore abbiamo un grado di plasticità limitato. E’ quello che gli attori di teatro o cinema esprimono quando dicono che un personaggio è o no "nelle mie corde". Per quanto un operatore sia esperto e competente, lo stile resta un elemento discriminante al punto da determinare le scelte dei gruppi nei quali operare e le tecniche da applicare. Ove l’operatore sia inconsapevole di sé, si registra anche una selezione percettiva dei fenomeni da osservare nel gruppo. Un operatore caratterizzato da uno stile austero, distaccato, rigoroso tende a trascurare la lettura dei bisogni affettivi del gruppo. Un operatore di tipo "materno", si fa sfuggire o teme i fenomeni conflittuali.

Il primo correttivo, è quello di possedere un diametro ampio di plasticità nello stile, che non deve essere uno solo e sempre quello. Il secondo correttivo è la consapevolezza del proprio stile e la capacità di controllare i suoi limiti. Per questo è indispensabile che un operatore di gruppo professionale operi in équipe o goda di una supervisione, in modo da avere periodici test di realtà sui propri limiti. Il terzo correttivo è la selezione a priori dei gruppi nei quali operare. L’operatore segnato da uno stile fantasioso e trasgressivo eviterà i gruppi di bancari. L’operatore austero e rigoroso si asterrà dai gruppi di adolescenti.