Questione di etica
* Pubblicato su NOTIZIE ARIPS, ANNO XI, 2* semestre, n. 28, 1989
 

Una delle principali caratteristiche dell'essere umano e quella di avere una coscienza. Nel linguaggio comune si dice che l'uomo di distingue dagli animali perche sa pensare e far tesoro delle esperienze che accumula e perche ha principi etici e morali, sicuramente non connaturati con l'individuo, ma derivazione del contesto in cui l'uomo vive.Cio significa che alcune "leggi" o norme di comportamento possono cambiare di significato totalmente o in parte a seconda delle situazioni di riferimento.
Per esempio, il concetto di giustizia si modifica se noi lo applichiamo all'umanita in senso lato o se lo usiamo nello specifico di un tribunale o, ancora, se lo applichiamo al mondo del lavoro. Eppure nessuno si scandalizza per questo.Il principio per cui l'uomo e responsabile se e libero e "compos sui" e di quelli che parrebbero inattaccabili, eppure nelle prigioni di alcuni stati degli U.S.A. ci sono minorenni ed handicappati che attendono il giorno dell'esecuzione capitale per delitti che hanno commesso.D'altro canto i nazisti, in particolare quelli che operarono nei lager, hanno proclamato la loro innocenza al processo di Norimberga dichiarando di aver solamente eseguito gli ordini: hanno sostenuto di non aver agito secondo il loro libero arbitrio, ma di aver "dovuto" ubbidire ai superiori.

Obbedire per evitare rappresaglie, libera dai doveri etici che ciascun uomo ha verso gli altri? E poi, quali "altri"?. Ancora, l'omerta che protegge la mafia va inquadrata secondo alcuni come espressione di fedelta e condivisione ideologica degli obiettivi di un gruppo; per altri e di volta in volta un comportamento che evidenzia paura o connivenza in rapporto con la delinquenza.Su un altro versante, nessuno ci considera complici di quei governanti, magari di paesi lontani, che torturano, seviziano e condannano senza processo i cittadini, se non siamo tra gli attivisti di Amnesty International.

Non ci sono, pare, distinzioni nette fra comportamenti sicuramente definibili eticamente corretti o no. Il contesto globale nel quele sono inserite connota in maniera significativa le nostre azioni e ne individua il livello di "moralita". Ciascun individuo ha un primo giudice, spesso molto severo, in se stesso, nei principi e valori morali che ha interiorizzato durante la sua vita e che fanno da modello al quale paragonare ogni gesto e comportamento.Ma gli uomini vivono prevalentemente in situazioni collettive sia di piccolo gruppo, come la famiglia, o di grande gruppo: i compagni di scuola o di lavoro, il gruppo di amici, la comunita del paese o del quartiere nel quale sono inseriti. E questo agglomerato umano fa da punto di riferimentoper i comportamenti di ciascuno dei suoi membri anche quando essi ne sono lontani.

Il grado di pressione esercitato dal gruppo e percepito da ciascuno dei membri dipende da una serie di variabili anche di tipo personale e derivanti da una sorta di "fenomeno di proiezione".E' difficile stabilire in queste situazioni il grado di liberta reale del singolo nei confronti del gruppo ed insieme il tipo di implicazione per i comportamenti di ciascuno che cio sottintende. Tornando all'esempio della mafia, la Famiglia "garantisce" protezione assoluta ai suoi membri, ma esige fedelta in ogni momento rifiutando situazioni di stallo e di ambiguita: "....o con me, o contro...."

Se scorriamo i testi di diritto, che lo "codificano per iscritto" e non secondo la consuetudine e/o la tradizione, scopriamo che anche in questo caso si puo compiere una lesione dal punto di vista giuridico sia perche si compiono certe azioni, sia perche si omettono. In altre parole, non sempre l'astensione e considerata analogicamente simile all'"aurea mediocritas" di antica memoria. Neppure si ritiene sia indice di un comportamento equilibrato e maturo: benche in alcuni casi non siano previste sanzioni al comportamento non ritenuto lesivo, ciononostante la persona che lo assume subisce un giudizio negativo.

In alcuni settori e infatti piuttosto difficile stabilire quale sia la via che e giusto percorrere, ma chi si astiene dal percorrerne una in reata esprime una difficolta a prendere decisioni, una incapacita a compiere una scelta e ad assumersi delle responsabilita.Non sempre fra l'altro e vero che un tale comportamento non esprima comunque una posizione etica e valoriale.Se davanti ad un sopruso compiuto sotto i miei occhi resto immobile e mi astengo da qualsiasi azione, in realta -almeno moralmente- sono complice del misfatto che viene attuato. Ma e pur vero che la responsabilita e connessa con la liberta ed io mi percepisco "costretto", impedito, limitato non importa se materialmente o psicologicamente, io non rispondo piu da nessun punto di vista delle mie azioni.

In che rapporto stanno le valenze soggettive con quelle collettive in questo campo? Valori, bisogni, motivazioni, processi evolutivi, sentimento di appartenenza, pregnanza della propria identita e delle percezione del proprio gruppo privilegiato di riferimento, "consistenza" della situazione, investimento emotivo su di se e sugli altri come singoli o come gruppo... sono alcune delle variabili il cui mixage produce poi un comportamento oggettivamente osservabile e descrivibile. Restano sempre da stabilire i termini di riferimento attraverso i quali "catalogare" o almeno comprendere l'azione...

Il colonnello del "Ponte sul fiume Kwai" che nel campo di prigionia giapponese costruisce con i suoi soldati un bellissimo ponte per i nemici, come puo essere definito: collaborazionista, traditore, oppure rispettoso applicatore delle norme della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra?