In margine al Laboratorio di Voghera

Cari Guido, Margherita e Vito, *

mi è spiaciuto che siamo partiti di fretta domenica pomeriggio dopo il nostro t group comune, senza poterne discutere un poco il risultato ed il finale.
Non voglio però lasciar passare senza adeguato rilievo le cose belle e le cose brutte che abbiano vissuto assieme.
Dato che il livello di comunicazione tra noi mi pare buono vi scrivo per vedere di utilizzare questa nostra esperienza per un miglioramento delle
nostre capacità professionali e personali.
Tre punti mi sono apparsi "delicati" in questa esperienza: la formazione dei gruppi al'inizio, il funzionamento dello staff, la gestione delle plenarie ed il ruolo del trainer nella plenaria. spero che questa mia lettera vi possa interessare e che possiate rispodnermi od allargare la discussione ad altri o per lo meno pensarci, in modo da potere nella prossima esperienza ovviare ai problemi che abbiano incontrato..

la formazione dei gruppi in un formato "laboratorio" cioè con gruppi interagenti e simulanti una organizzazione, presenta diverse soluzioni oscillanti tra due polarità: quella della sudivisione autoritaria da parte dello staff e quella della soluzione demagogica dell'autoripartizione da parte dei partecipanti. ne abiamo discusso in moltre occasioni senza arrivare a molti chiarimenti. come interfaccia micro-macro, o come raèpporto tra caso e necessità, ma non abbiamo avuto tempo per scambiarci le idee in proposito. abbiamo ridotto il problema se fare la divisione a tavolino come staff oppure se lasciare i raggruppamenti ai partecipanti o ad altre più o meno spontanee modalità. Il problema si pone sempre all'inizio di ogni laboratorio con più di due gruppi. occorrerebbe analizzare la cosa più attentamente per arrivare ad una gamma di possibilità con pregi e difetti specifici.

Il funzionamento dello staff.
Nella nostra esperienza a Voghera il tempo è stato dedicato soprattutto ai singoli gruppi cioè alla relazione degli osservatori sui singoli gruppi, forse occorreva dedicare più tempo e rendere questo tempo "istituzionale" e riservare poco tempo alle interazioni tra gruppi. La plenaria è stata così un salto nel buio. Sia la
composizione dello staff che la sua composizione richiedono maggiore attenzione. Per non parlare poi delle modalità di feed-back.

Il ruolo del trainer nella plenaria.
Mi è apparso chiaro che occorre definire meglio una specie di consuetudine per la gestione dei gruppi in un laboratorio che a fisarmonica si riunsce in plenaria.. Nella plenaria della domenica alle 15.30 io ho commesso un evidente errore nell'alzarmi prima che il trainer terminasse e chiudesse la seduta. Un evidente errore
determinato dalla stanchezza e dalla richiesta che avevo fatto a Guido di condurre lui la plenaria, poichè io mi sentivo debole e non in forma. La pancia mi ha forse tradito smentendo la testa. Comunque siano spiegabili le cose, resta il fatto che il mio andarmene prima ha danneggiato non tanto il trainer quanto i partecipanti. Però mi piacerebbe discutere di questo fatto. Occorre pensarci meglio a cosa si intenda per tempo di seduta, per regolazione degli orologi per stile di intervento. Non sono sicuro che chi conduce una plenaria debba essere lui a chiudere. è il tempo che chiude a meno che sia un consenso di fatto. Ripeto che io ho sbagliato non aspettando il trainer ufficiale, ma mi secca un poco anche dover riconoscere questo errorre basato sul fatto che uno solo deve essere il trainer anche nella plenaria. Lo so che questo è un ragionamento non ortodosso, ma mi pare dovremmo parlarne con calma. Una conduzione di gruppo dovrebbe essere possibille nelle plenarie del laboratorio. Si conoscono le condizioni in un laboratorio e quando la back home viene fatta in piccolo gruppo esiste la tendenza forte a tornare nel piccolo gruppo. Non va dimenticato il problema se è meglio chiudere la back home in plenaria o in piccolo gruppo. Io penso che sia sempre preferibile la
plenaria però mi piacerebbe discuterne. Penso che noi siano abbastanza pronti nella gestione dei piccoli gruppi e meno in quella dei grandi gruppi.

Ho scritto queste righe a ruota libera: fate come volete, ma mi farebbe piacere di ricevere una vostra breve risposta grazie per la bella cosa fatta assieme.
Vostro
Enzo Spaltro


* Guido Contessa, Margherita Sberna, VitoVolpe

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Caro Enzo,
ti rispondo in ritardo perche' i 3 giorni di Voghera mi hanno regalato una bronchite piuttosto impegnativa...Come mai noi predicatori di benessere cadiamo sempre in situazioni di malessere?

Il t-group è stata per me una bella esperienza per il fatto di averci riuniti. Tuttavia mi sembra evidente che le nostre scelte sono state influenzate dai piccoli problemi che offuscano i nostri rapporti. Ho accettato cose che in altra situazione non avrei neppure preso in esame, e mi assumo la responsabilità di averlo fatto. Anche se mi do due spiegazioni. La prima è che essendo in alleanza con Margherita, temevo di cadere nella trappola di far valere il dislivello di potere in partenza. La seconda è che considerarti mio maestro mi porta a compiacere, entro certi limiti, le tue richieste. Esiste poi un terzo fattore problematico che riguarda il committente. Di solito, se non sono io il committente, ne esiste uno che esprime delle richieste. In questo caso il comittente era muto. Ma entriamo partitamente nelle questioni di sostanza che poni.

1- Formazione gruppi.
Ho abbandonato da anni l'idea di far formare i gruppi per via "spontanea" non per motivi ideologici ma per avere constatato che NON funziona mai. Primo: perchè scelgono solo coloro che conoscono qualcuno, o che sono più avvezzi a situazioni destrutturate. Inevitabilmente si creano un sottogruppo che sceglie o rifiuta, ed un sottogruppo che si deve adattare "per risulta".
Secondo: perchè, essendo il t-group una metafora o una simulazione del reale, non esiste situazione reale nella quale ti scegli i compagni (non a scuola, non sul lavoro, nemmeno nello sport, tantomeno in famiglia). La genesi di un gruppo non può essere lasciata ai membri come quella di un individuo non è lasciata a lui. Tutti hanno genitori e sono figli. Terzo: perchè lo staff è il formatore e deve assumersi responsabilita' circa la gestione delle incompatibiltà. Quelli che per i formatori sono vincoli, per i partecipanti possono non esserlo. Quarto: perchè le incompatibilità fra partecipanti e staff non si possono salvaguardare, e cosi' capita che in un gruppo arrivino partecipanti che magari sono compagni/amici/amanti dell'osservatore (come e' successo anche a Voghera). Quinto: perchè la scelta pseudoautonoma dei partecipanti, finisce prima o poi per colpevolizzarli; mentre la scelta da parte dello staff consente loro di caricare le colpe sull'esterno.
L'unica modaltà seria di scelta autonoma sarebbe quella su cui si centra il focus dell'esperienza: lasciando i gruppi fluidi o imprecisati fino alla fine dell'esperienza. Facendo diventare il t-group una espereinza sulla "genesi dei gruppi".
Queste riflessioni sono patrimonio stabile di ARIPS e se non ho insistito per difenderli a Voghera è solo per i motivi che ho detto sopra.

2- Lo staff è stato centrato sui gruppi perchè in un modello con solo 2 unità di plenaria ed una di intergruppo, i gruppi sono il focus centrale. Il fatto e' che questa esperienza è nata come t-group ed è stata forzosamente "colorata" come un Lab. Dovevamo abolire le plenarie e fare solo 2/3 intergruppi, come rinforzo dell'esperienza gruppale; oppure fare un "vero" Lab con unità alternate di gruppo, intergruppo e plenaria. Solo che il Lab andava bene per i partecipanti + esperti, che erano solo una metà.
Lo staff è stato composto in modo discutibile a partire dagli osservatori, della cui esistenza ho saputo solo 2 giorni prima e la cui eterogeneità era evidente. Concordo sulla scarsità di feedbacks, ma la attribuisco, oltre che ai piccoli problemi fra noi seniores anche al fatto che il focus era quello del gruppo e quindi offriva minori possibilità di "interferenza" reciproca. Sopratutto lo staff è stato inquinato dalla scomodità di un alloggio a mezz'ora d'auto; dalla non residenzialità di tutti i membri; e da Vito che dormiva da un'altra parte. Simili esperienze vengono meglio quando tutti lavorano e dormono nello stesso posto.

3- La conduzione delle plenarie all'ARIPS è regolata in modo semplice. Ogni trainer coordina una unità nel senso di aprire e chiudere. Tutti i trainers sono liberi di intervenire ma si autoregolano facendo al massimo un intervento a testa e sulla scia del coordinatore. Il coordinatore della plenaria è il regolatore del tempo, perche' è possibile che gli orologi siano sfasati. Lo staff si muove solo quando si muove il coordinatore. Ovviamente questo è facile perchè i seniores ARIPS conducono insieme Labs da oltre 15 anni.
Quando tu hai chiesto che Vito conducesse la seconda plenaria e con enfasi hai chiesto che "nessuno" interferisse -se non per via eccezionale- l'ho apprezzato come modo per evitare "casini" vista la nostra scarsa abitudine a lavorare insieme. Quindi Vito è stato per me il "signore del tempo" e non ho fatto alcun intervento. Naturalmente ho inteso la tua proposta come non solo riservata a difendere il figlio prediletto e gracile dalle intemperanze dei "cugini aggressivi" (o era così?), ma come una regola valida per tutte le plenarie. Il fatto che sia tu che Vito abbiate "trasgredito" lo attribuisco più alla sfiducia che all'invidia. La mia reticenza a gestire la plenaria nasceva dalla mia percezione circa questa sfiducia, e dalla mia riluttanza ad accettare competizioni. Ma tant'è: malgrado tutto, la plenaria finale mi è sembrata piuttosto buona, visti i limiti del modello.

4- La backhome di gruppo si fa quando il focus è il piccolo gruppo (come qui). Si fa in plenaria quando la "comunità" ha ricevuto un peso uguale o maggiore del gruppo (ma non era questo il caso).

5- Circa la "nostra" capacità di condurre grandi gruppi, non saprei. ARIPS ha condotto negli anni + di 30 Laboratori di dinamiche di gruppo e comunità (con dai 30 ai 120 partecipanti), dove la plenaria aveva uguale peso del piccolo gruppo, se non maggiore. Attualmente stiamo studiando il modo di fare seminari attivi e autocentrati SOLO in plenaria, cioè rompendo il vincolo 1-15. E' vero che per condurre 4 t-group in linea non occorre tanto lavoro di integrazione fra i trainers quanto ne occorre per condurre un Lab.....e forse noi non avevamo abbastanza tempo, o abbastanza voglia per farlo.

Tutto ciò non incrina il giudizio iniziale di "piacere" per avere re-incontrato due persone che hanno avuto grande importanza nella mia vita professionale.

Con affetto, Guido

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Carissimi Enzo, Guido e Vito (rigorosamente in ordine alfabetico!),

innanzi tutto vi voglio dire che sono contenta dell’esperienza fatta e in particolare di avere avuto l’onore di condividerla con voi. Altrettanto mi fa piacere questo tuo scritto, Enzo, così come rispondere.

Condivido con Enzo l’impressione di una buona comunicazione fra noi  anche se non del tutto aperta: non credo di essere l’unica che si è censurata, benché ad un livello sopportabile. Poiché scrivere rende le cose per me più facili, cercherò di essere ora più esplicita.

Formazione dei gruppi: non ero né sono convinta che si trattasse di un “laboratorio” ed a posteriori, non  mi pare che le cose abbiano funzionato così. Trovo che la cosiddetta “suddivisione autoritaria” cioè decisa dallo staff, sarebbe stata la soluzione migliore perché avrebbe  evitato almeno le incompatibilità dello staff nei confronti dei partecipanti. Parlo soprattutto degli osservatori, a cui non è stato consentito scegliere, una volta costituiti i gruppi. A loro non abbiamo pensato: grave svista secondo me, sia nostra di conduttori, sia del committente (Flavio), sia degli stessi osservatori che non ci hanno “ricordato” la loro situazione, non so se per distrazione a loro volta, per riguardo nei ns. confronti, per “stile della casa”! Inoltre se anche avesse deciso lo staff c’erano diverse varianti da considerare e differenti soluzioni fra cui scegliere.

Sono convinta che il criterio della massima eterogeneità sia il migliore in contesti simili a quello di Adolescere. D’altra parte mi sembrerebbe importante collegare la procedura di costituzione dei gruppi al resto del seminario in modo che poi la  cosa diventi evidente anche ai partecipanti e funzionale  al loro apprendimento.  E in qs caso, anche alla luce di ciò che è avvenuto, mi pare che non ci fosse un legame.

Il funzionamento dello staff: fin dall’inizio sono stati poco chiari la sua composizione  (questione Flavio), i ruoli all’interno (il coordinatore), i compiti da svolgere, salvo quelli di prima necessità, i tempi di lavoro, le modalità decisorie. Lo definirei uno spazio piacevole ma  “random”.  Nella mia modesta esperienza personale non mi è mai capitato di concludere uno staff per colpa di un albergatore, né di andarmene senza aver predisposto ciò che serviva, né di avere osservatori così pieni di iniziativa da fare da soli qualcosa (il cartellone con gli orari, ecc.) senza che lo staff gli desse specifico mandato e senza che almeno un conduttore controllasse l’operato. Come del resto non mi è mai capitato di sentire che un osservatore partecipava al gioco del gruppo così come ha fatto Paola, o che osservatori e conduttori (anche!) scrivessero in gruppo.  Per parlare dei fatti più eclatanti.

Diciamo che è stato istruttivo: ho capito che personalmente ho superato problemi di potere, di gelosia e invidia e che quindi sono professionalmente cresciuta; ho capito cosa differenzia ARIPS da altri gruppi formativi; ho capito che la qualità non va imposta a chi non la chiede o non la desidera.

Il ruolo del trainer nella plenaria. Devo dire che il mio primo intervento in una plenaria (all’inizio della mia carriera) è stato la conseguenza di un’impostazione opposta rispetto a quella di Voghera: basata sulla fiducia  e se mai sulla sfida, piuttosto che sul controllo.

A mio parere in qs seminario le plenarie non servivano. Comunque andavano preparate meglio e dovevano essere esplicitati alcuni comportamenti. Per es.: tutti  si presentano (anche gli osservatori dicono il loro nome; i nomi sono detti dal coordinatore della plenaria, ecc.); ripasso delle regole classiche o dichiarazione di non esistenza di esse; ecc.

Comunque permettimi Enzo le seguenti osservazioni sulla “sintassi” che tu usi in qs. brano:

1-     “un evidente errore  determinato dalla stanchezza  e dalla richiesta che avevo fatto a Guido di  condurre lui la plenaria, poiché mi sentivo debole e non in forma”  significa che staff= Spaltro // che volevi condurre tu anche l’ultima plenaria // che non ti fidavi di Guido // che solo tu capivi le necessità del seminario // che altro?!?

2-     “…… mi secca un poco anche dover riconoscere qs errore basato sul fatto che uno solo deve essere il trainer anche nella plenaria” Curioso! Dato che sei tu ad aver inventato per l’occasione qs regola. Io credo sostanzialmente perché non ti fidavi.  O forse per problemi narcisistici che sinceramente non mi spiego a fronte del tuo prestigio in generale e nel contesto specifico.  Di solito il conduttore responsabile della PL non impedisce agli altri di intervenire, purchè sulla stessa linea o comunque con interventi non contradditori. Non starò a fare un riassunto delle procedure che, sono sicura, tutti conoscete perfettamente!

3-     “penso che noi siamo abbastanza pronti nella gestione dei piccoli gruppi e meno in quella dei grandi gruppi”: non sono d’accordo.  Credo sia una questione di opportunità e di occasioni. L’esperienza professionale fatta in qs anni col lavoro nel pubblico sempre privo di mezzi  ci ha “aguzzato l’ingegno”  per  trovare soluzioni adeguate anche dal punto di vista qualitativo. Da anni ormai all’ARIPS studiamo e pratichiamo i grandi gruppi. Credo che siamo non solo pronti, ma anche bravi. Certo la condivisione della focalizzazione, delle strategie di intervento, delle regole ed un alto livello di stima reciproca sono alla base di questo lavoro. Alle volte è stato piuttosto costoso arrivare alle decisioni di gruppo pur nel rispetto reciproco e dando spazio a ciascuno. Ma la ricchezza della conduzione ha offerto spunti di riflessione agli stessi trainer  a volte “toccando” anche emotivamente.

Aggiungerò un’ultima cosa.  Anche la plenaria di apertura è stata un casino. Anche per merito mio che ho fatto un mezzo acting-out  “nel vuoto” cioè dando per scontate le regole di comportamento cui attenerci. 

Il tutto è iniziato dalla sera precedente, secondo me per un’altra questione “di pancia”  di Enzo relativa alla divisione dei gruppi e alla gestione della PL di apertura. L’idea del gioco x la formazione dei gruppi  non era molto gradita ad Enzo che comunque voleva fare a suo modo (dare un’ora ai partecipanti per dividersi in gruppo).  D’altra parte io avevo spiegato molto succintamente l’esercizio perché è noto quasi come il “dilemma del prigioniero” e perchè non volevo fare la maestrina con  chi ne sa più di me. Così in PL Enzo ha sbagliato i comandi dell’esercizio, che si è concluso in pochi minuti e con un gruppo con solo 6 membri  e 3 di 12.

Quando, data la situazione e le domande a mezza voce di Enzo, gli ho chiesto di intervenire perché avevo un’idea, Enzo mi ha dato l’OK, ma di nuovo ha fatto un errore, perché  si è intromesso nell’esercizio modificando i tempi da me indicati (io avevo detto 30 minuti per l’individuazione del “diverso”  e lui ha ridetto “10”). 

Ovviamente anch’io non sono stata perfetta nel linguaggio!

Credo che per entrambe le questioni sarebbe stato meglio  precisare in staff. Credo anche che qs sia stata la causa delle richieste successive rispetto alla conduzione della PL.  Credo infine che il tutto non sia stato trattato per evitare il rischio di conflitti.

A presto, Margherita